Primo cuore artificiale al Policlinico Gemelli di Roma
Per la prima volta al Policinico Gemelli di Roma è stato impiantato un cuore artificiale.
Il paziente, 64 anni, ha una grave patologia cardiaca: ora sta bene ed è tornato alla
sua vita normale, anche se il decorso post-operatorio è stato lungo. Di quale tipo
di dispositivo si tratta? Eliana Astorri lo ha chiesto al prof. Massimo
Massetti, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Cardiochirurgia del Policlinico
Universitario Agostino Gemelli di Roma:
R. – Questo
dispositivo, che noi abbiamo impiantato per la prima volta al Gemelli, fa parte di
una famiglia di dispositivi di cuori artificiali che si chiamano Lvad: sono delle
microturbine, in pratica, delle pompe rotative che derivano dall’ingegneria aerospaziale
e che vengono inserite nella parte sinistra del cuore, cioè nel ventricolo sinistro,
in contatto o all’interno, e che pompano il sangue dal cuore verso le arterie attraverso
un condotto arterioso. Quindi, sostituiscono parzialmente o totalmente il cuore sinistro.
Non si tratta di cuori artificiali totali: si tratta di dispositivi che aiutano in
parte o totalmente a far funzionare questa parte del cuore.
D. – Quanto dura
la batteria che lo fa funzionare?
R. – Dura circa 6, 8, 10 ore, a seconda dell’intensità
del consumo, e permette quindi una vita normale durante il giorno. Poi, la sera, quando
il paziente va a dormire, si collega ad una batteria un po’ più ingombrante. Comunque,
questi dispositivi sono veramente compatibili con una vita normale: il paziente si
muove, cammina, va in bicicletta, addirittura può andare in piscina e fare il bagno.
Vengono messi in due casi: il primo caso, appunto, è rappresentato da quei pazienti
che hanno accesso ad un programma di trapianti e dove quindi questo dispositivo viene
applicato a ponte, nell’attesa del trapianto. Nell’altro caso, come quello
del nostro paziente, è invece posizionato come cura della malattia, quindi
definitivamente. Questi dispositivi sono soggetti ad una leggera usura: consideriamo
che l’elica che fa girare il sangue all’interno della turbina gira ad una velocità
tra gli 8 e i 12 mila giri al minuto. Però, i materiali con cui sono costruiti questi
cuori artificiali sono molto sofisticati e sono fatti per durare almeno 10 anni. Le
dico, ad esempio, che il primo paziente al quale abbiamo impiantato questo dispositivo
in Francia – perché io ho lavorato 20 anni in quel Paese – è stato impiantato
nel dicembre 2005: ha appena compiuto sette anni di durata, senza alcun problema.
D.
– Qual è la situazione in Italia, per quanto riguarda le patologie cardiache gravi,
quelle per le quali sarebbe necessario un trapianto?
R. – In effetti, è un
problema di grande attualità. Si calcola che l’insufficienza cardiaca – questa malattia
che segna l’epilogo di molte malattie cardiache, come per esempio l’infarto, patologie
valvolari o anche malattie del muscolo cardiaco che sono sempre in crescita – produca
circa 170 mila nuovi casi ogni anno, e di questi una parte entra in una fase molto
grave della malattia e in questa situazione i farmaci e i trattamenti convenzionali
non rappresentano una soluzione. Quindi, ci sono solo due possibilità: una è il trapianto
che però è riservato solo ad una parte minore di questa popolazione. Per la restante
parte, la sola possibilità è quella di ricorrere a queste nuove terapie che fanno
uso di queste tecnologie che sono denominate dispositivi meccanici di supporto
di circolo o cuore artificiale.
D. – Ma non ci sono cuori disponibili
per soddisfare questa richiesta?
R. – Allora, il problema dei trapianti è abbastanza
complesso. Bisogna dire che il Programma Trapianti, in Italia, è un programma organizzato
in maniera eccellente: devo dire, dopo aver vissuto 20 anni in Francia, che l’Italia
si posiziona veramente tra i primi posti in Europa per la gestione del programma trapiantologico.
Il problema è che i trapianti vivono una crisi, in questo periodo, in tutto il mondo,
e soprattutto anche in Europa, e non è legato soltanto alla crisi della donazione:
bisogna sapere che oggi il donatore medio di organo è un paziente sempre più anziano,
quindi anche la qualità degli organi è minore e di conseguenza la frequenza con cui
si possono realizzare i trapianti è molto minore che in passato. Si calcoli che normalmente
i trapianti di cuore, in Italia, erano circa 300 all’anno; quest’anno, per la prima
volta, sono scesi intorno ai 250. Quindi, diciamo che a fronte di una diminuzione
dei trapianti e un aumento del numero dei candidati, esiste in Italia questa problematica
crescente.