Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
Nella Domenica che celebra la Festa della Santa Famiglia, la liturgia ci propone il
passo del Vangelo in cui Maria e Giuseppe, angosciati, cercano Gesù dodicenne, smarrito
a Gerusalemme durante la festa di Pasqua. Lo ritrovano dopo tre giorni nel tempio.
Maria dice: “Figlio, perché ci hai fatto questo?”. E Gesù risponde:
«Perché
mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi
non compresero ciò che aveva detto loro .... Sua madre custodiva tutte queste cose
nel suo cuore.
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del padre
carmelitano Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia
Università Gregoriana:
Siamo abituati
a considerare l’episodio del Vangelo come lo “smarrimento di Gesù al tempio”, e a
leggere l’angosciata ricerca dei genitori come segno della loro responsabilità e custodia.
“Tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”, dice la madre, mostrando la sofferenza
di tre giorni di ricerca. Forse ad essere veramente “smarriti” sono piuttosto i genitori
Maria e Giuseppe: il dodicenne Gesù, diventato maggiorenne per la legge (cioè
bar mitzvah), mostra di sentirsi responsabile non solo nella casa di Nazareth,
ma anche in quella del “Padre mio”. Non una ribellione - assai tipica e ben conosciuta
fra gli adolescenti che si affacciano alla vita piena - ma la coscienza nuova della
propria identità. Gesù fino a quel momento era stato condotto in pellegrinaggio al
tempio ogni anno per la Pasqua: ora assume quella bella abitudine come nuova relazione,
personale e viva, con il Padre e con la sua casa. Non solo quindi obbedienza e normalità
nella casa di Nazaret, ma anche obbedienza e dedizione al progetto del Padre celeste.
Un passaggio che esige tempo e fiducia, autonomia e dialogo: davvero un crescere in
sapienza e grazia, davanti agli uomini, ma soprattutto agli occhi di Dio. E il tutto
va accompagnato, come fa Maria, raccogliendo nel cuore segnali e ricordi per capire
il senso.