Annunciati negoziati nella Repubblica Centrafricana
Il governo della Repubblica Centrafricana e la coalizione ribelle del Seleka hanno
accettato di andare al ''tavolo dei negoziati senza porre condizioni'': lo ha reso
noto ieri, a Bangui, Guy Pierre Garcia, segretario generale aggiunto della Comunità
economica degli Stati dell'Africa centrale (Ceeac/Eccas). Il servizio di Giulio
Albanese:
Formalmente
nessuna data è stata fissata a riprova che dietro le quinte si stanno svolgendo consultazioni
per definire un’agenda dei colloqui. Intanto, la situazione sul campo in Centrafrica
sembra sempre incandescente. Ieri si sono verificati violenti combattimenti a Bambari,
città occupata domenica scorsa dai ribelli del Seleka. Lo hanno reso noto fonti locali,
spiegando che le forze armate centrafricane hanno attaccato Bambari per cercare di
riprenderla dagli insorti. Attualmente però non è ancora chiaro l’esito della battaglia
nella quale avrebbero perso la vita militari degli opposti schieramenti e civili.
Per
saperne di più del Centro africa e della presenza degli islamisti Eugenio Bonanata
ha intervistato Enrico Casale di Popoli, rivista dei Gesuiti:
R. – E’ una
posizione che lascia le "mani libere" a Parigi di non impegnarsi con nessuna delle
parti in causa, il che permette di mantenere gli interessi francesi immutati nella
nazione. Teniamo presente che la Repubblica Centrafricana è, intanto, un’ex colonia
francese. Poi è una nazione abbastanza ricca di risorse, penso soprattutto al legname.
L’unica sfortuna è che non ha uno sbocco al mare e quindi deve sempre venire a patti
con i propri vicini per riuscire ad esportare le proprie materie. Ma è una nazione
che potrebbe vivere in modo decoroso se fosse gestita con attenzione dalla classe
politica.
D. – Come la Francia, anche gli Stati Uniti hanno fatto cadere nel
vuoto la richiesta di aiuto da parte della presidenza e hanno chiuso la propria ambasciata
e ritirato il personale dal Paese, come del resto ha fatto anche l’Onu...
R.
– Gli Stati Uniti sono meno impegnati rispetto alla Francia, nella Repubblica Centrafricana
hanno interessi minori rispetto a quelli di Parigi. Quindi, è giustificabile anche
un sostanziale ritiro e un sostanziale non impegno nel Paese da parte di Washington.
D.
– Chi sono i ribelli di "Seleka"? C’è il rischio di estendere l’influenza islamica
nel Paese? Insomma, c’è un disegno preciso su questo fronte?
R. – La questione
è ancora abbastanza incerta. La Repubblica Centrafricana è un Paese dell’Africa sub
sahariana, nella quale c’è una minoranza islamica, ma non ha una funzione così importante.
Certo, il movimento fondamentalista islamico si sta estendendo anche nell’Africa sub
sahariana, però non vedrei un disegno complessivo dei fondamentalisti, simile per
esempio a quello del Mali dove invece la presenza delle formazioni integraliste è
consistente e dove esiste un progetto di creare una base logistica per le azioni in
tutto il Sahel. Nella Repubblica Centrafricana, per il momento almeno, non vedo un
rischio di questo tipo.
D. – Qual è il ruolo della forza multinazionale dell’Africa
centrale schierata nel Paese?
R. – Le zone a Nord e ad Ovest della Repubblica
Centrafricana sono sempre state zone instabili. Il governo di Patassé prima e di Bozizé
dopo non sono mai riusciti a controllare quelle zone. Un intervento di una forza multinazionale
potrebbe solamente rallentare un’eventuale avanzata verso la capitale. Ma non so quanto
riuscirebbe a riportare la stabilità in zone che, ripeto, sono sempre state instabili
e che da anni sono instabili, preda di movimenti ribelli, ma anche di banditismo,
di criminalità comune. Teniamo presente che proprio nel Nord della Repubblica Centrafricana
si dice che ci siano anche gli ultimi ribelli del Lord’s Resistance Army ugandesi.
Quindi, c’è tutta una fascia non controllata da parte del governo che è un po' il
"regno di nessuno".