Centrafrica: la Francia non interviene contro l'avanzata dei ribelli
Sempre complicata la situazione nella Repubblica Centrafricana. Il presidente Francois
Bozizè ha chiesto aiuto a Stati Uniti e Francia per fronteggiare l’avanzata dei ribelli
verso la capitale Bangui. Da Parigi, il capo dell’Eliseo, Hollande, chiarisce che
non ci sarà alcuna interferenza negli affari interni centrafricani e che l’obiettivo
è solo di proteggere i connazionali. Anche Onu e Stati Uniti adottano misure di sicurezza
per il proprio personale. Intanto la Comunità economica degli Stati dell'Africa Centrale
(Ceeac) tenta una mediazione tra le parti. Ce ne parla Giulio Albanese:
I ribelli della
coalizione "Seleka" avanzano e il presidente centrafricano François Bozize chiede
aiuto perché teme di fare la fine del suo predecessore Patasse. Ma la Francia fa orecchie
da mercante, mantenendo dunque, sì, una presenza nella Repubblica Centrafricana, ma
solo e unicamente per proteggere i propri interessi e i cittadini francesi, e non
il governo di Bozize. Così il numero uno dell’Eliseo, François Hollande, ha chiarito
ieri il ruolo del suo governo nelle ore in cui cresce la tensione a Bangui. Sta di
fatto che tra i seguaci di Bozize c’è qualcuno che comincia a sospettare che dietro
i ribelli che avanzano a spron battuto vi sia proprio l’ex potenza coloniale, indispettita
dalle aperture eccessive di Bozize al cartello economico dei Brics. Bozize è comunque
in affanno e le Nazioni unite e gli Stati Uniti hanno ordinato il rimpatrio di tutto
il personale non essenziale e delle loro famiglie, dimostrando così nei fatti il timore
di un’escalation di violenza. La situazione è comunque ancora molto fluida anche perché
sono in pochi a fidarsi della reale efficacia della forza multinazionale dell’Africa
centrale, la Fomac, messa in campo - grazie anche ai fondi dell’Unione europea - dai
Paesi della regione per mantenere la stabilità nella regione. Attualmente la forza
conta già 500 militari (provenienti da Gabon, Congo e Ciad) nella Repubblica Centrafricana
e ha annunciato l’arrivo di nuove truppe per mettere in sicurezza la capitale. Ma
gli interessi legati al sottosuolo minerario del centrafrica - oro, diamanti e petrolio
- sembrano essere tali da provocare il ribaltone.
Per un commento sull’atteggiamento
della Francia nella situazione della Repubblica Centrafricana, Eugenio Bonanata
ha intervistato Enrico Casale, della rivista dei gesuiti ‘Popoli’:
R. – E’ una
posizione che lascia le "mani libere" a Parigi di non impegnarsi con nessuna delle
parti in causa, il che permette di mantenere gli interessi francesi immutati nella
nazione. Teniamo presente che la Repubblica Centrafricana è, intanto, un’ex colonia
francese. Poi è una nazione abbastanza ricca di risorse, penso soprattutto al legname.
L’unica sfortuna è che non ha uno sbocco al mare e quindi deve sempre venire a patti
con i propri vicini per riuscire ad esportare le proprie materie. Ma è una nazione
che potrebbe vivere in modo decoroso se fosse gestita con attenzione dalla classe
politica.
D. – Come la Francia, anche gli Stati Uniti hanno fatto cadere nel
vuoto la richiesta di aiuto da parte della presidenza e hanno chiuso la propria ambasciata
e ritirato il personale dal Paese, come del resto ha fatto anche l’Onu...
R.
– Gli Stati Uniti sono meno impegnati rispetto alla Francia, nella Repubblica Centrafricana
hanno interessi minori rispetto a quelli di Parigi. Quindi, è giustificabile anche
un sostanziale ritiro e un sostanziale non impegno nel Paese da parte di Washington.
D.
– Chi sono i ribelli di "Seleka"? C’è il rischio di estendere l’influenza islamica
nel Paese? Insomma, c’è un disegno preciso su questo fronte?
R. – La questione
è ancora abbastanza incerta. La Repubblica Centrafricana è un Paese dell’Africa sub
sahariana, nella quale c’è una minoranza islamica, ma non ha una funzione così importante.
Certo, il movimento fondamentalista islamico si sta estendendo anche nell’Africa sub
sahariana, però non vedrei un disegno complessivo dei fondamentalisti, simile per
esempio a quello del Mali dove invece la presenza delle formazioni integraliste è
consistente e dove esiste un progetto di creare una base logistica per le azioni in
tutto il Sahel. Nella Repubblica Centrafricana, per il momento almeno, non vedo un
rischio di questo tipo.
D. – Qual è il ruolo della forza multinazionale dell’Africa
centrale schierata nel Paese?
R. – Le zone a Nord e ad Ovest della Repubblica
Centrafricana sono sempre state zone instabili. Il governo di Patassé prima e di Bozizé
dopo non sono mai riusciti a controllare quelle zone. Un intervento di una forza multinazionale
potrebbe solamente rallentare un’eventuale avanzata verso la capitale. Ma non so quanto
riuscirebbe a riportare la stabilità in zone che, ripeto, sono sempre state instabili
e che da anni sono instabili, preda di movimenti ribelli, ma anche di banditismo,
di criminalità comune. Teniamo presente che proprio nel Nord della Repubblica Centrafricana
si dice che ci siano anche gli ultimi ribelli del Lord’s Resistance Army ugandesi.
Quindi, c’è tutta una fascia non controllata da parte del governo che è un po' il
"regno di nessuno".