2012-12-28 08:08:55

Centrafrica: la Francia non interviene contro l'avanzata dei ribelli


Sempre complicata la situazione nella Repubblica Centrafricana. Il presidente Francois Bozizè ha chiesto aiuto a Stati Uniti e Francia per fronteggiare l’avanzata dei ribelli verso la capitale Bangui. Da Parigi, il capo dell’Eliseo, Hollande, chiarisce che non ci sarà alcuna interferenza negli affari interni centrafricani e che l’obiettivo è solo di proteggere i connazionali. Anche Onu e Stati Uniti adottano misure di sicurezza per il proprio personale. Intanto la Comunità economica degli Stati dell'Africa Centrale (Ceeac) tenta una mediazione tra le parti. Ce ne parla Giulio Albanese:RealAudioMP3

I ribelli della coalizione "Seleka" avanzano e il presidente centrafricano François Bozize chiede aiuto perché teme di fare la fine del suo predecessore Patasse. Ma la Francia fa orecchie da mercante, mantenendo dunque, sì, una presenza nella Repubblica Centrafricana, ma solo e unicamente per proteggere i propri interessi e i cittadini francesi, e non il governo di Bozize. Così il numero uno dell’Eliseo, François Hollande, ha chiarito ieri il ruolo del suo governo nelle ore in cui cresce la tensione a Bangui. Sta di fatto che tra i seguaci di Bozize c’è qualcuno che comincia a sospettare che dietro i ribelli che avanzano a spron battuto vi sia proprio l’ex potenza coloniale, indispettita dalle aperture eccessive di Bozize al cartello economico dei Brics. Bozize è comunque in affanno e le Nazioni unite e gli Stati Uniti hanno ordinato il rimpatrio di tutto il personale non essenziale e delle loro famiglie, dimostrando così nei fatti il timore di un’escalation di violenza. La situazione è comunque ancora molto fluida anche perché sono in pochi a fidarsi della reale efficacia della forza multinazionale dell’Africa centrale, la Fomac, messa in campo - grazie anche ai fondi dell’Unione europea - dai Paesi della regione per mantenere la stabilità nella regione. Attualmente la forza conta già 500 militari (provenienti da Gabon, Congo e Ciad) nella Repubblica Centrafricana e ha annunciato l’arrivo di nuove truppe per mettere in sicurezza la capitale. Ma gli interessi legati al sottosuolo minerario del centrafrica - oro, diamanti e petrolio - sembrano essere tali da provocare il ribaltone.

Per un commento sull’atteggiamento della Francia nella situazione della Repubblica Centrafricana, Eugenio Bonanata ha intervistato Enrico Casale, della rivista dei gesuiti ‘Popoli’:RealAudioMP3

R. – E’ una posizione che lascia le "mani libere" a Parigi di non impegnarsi con nessuna delle parti in causa, il che permette di mantenere gli interessi francesi immutati nella nazione. Teniamo presente che la Repubblica Centrafricana è, intanto, un’ex colonia francese. Poi è una nazione abbastanza ricca di risorse, penso soprattutto al legname. L’unica sfortuna è che non ha uno sbocco al mare e quindi deve sempre venire a patti con i propri vicini per riuscire ad esportare le proprie materie. Ma è una nazione che potrebbe vivere in modo decoroso se fosse gestita con attenzione dalla classe politica.

D. – Come la Francia, anche gli Stati Uniti hanno fatto cadere nel vuoto la richiesta di aiuto da parte della presidenza e hanno chiuso la propria ambasciata e ritirato il personale dal Paese, come del resto ha fatto anche l’Onu...

R. – Gli Stati Uniti sono meno impegnati rispetto alla Francia, nella Repubblica Centrafricana hanno interessi minori rispetto a quelli di Parigi. Quindi, è giustificabile anche un sostanziale ritiro e un sostanziale non impegno nel Paese da parte di Washington.

D. – Chi sono i ribelli di "Seleka"? C’è il rischio di estendere l’influenza islamica nel Paese? Insomma, c’è un disegno preciso su questo fronte?

R. – La questione è ancora abbastanza incerta. La Repubblica Centrafricana è un Paese dell’Africa sub sahariana, nella quale c’è una minoranza islamica, ma non ha una funzione così importante. Certo, il movimento fondamentalista islamico si sta estendendo anche nell’Africa sub sahariana, però non vedrei un disegno complessivo dei fondamentalisti, simile per esempio a quello del Mali dove invece la presenza delle formazioni integraliste è consistente e dove esiste un progetto di creare una base logistica per le azioni in tutto il Sahel. Nella Repubblica Centrafricana, per il momento almeno, non vedo un rischio di questo tipo.

D. – Qual è il ruolo della forza multinazionale dell’Africa centrale schierata nel Paese?

R. – Le zone a Nord e ad Ovest della Repubblica Centrafricana sono sempre state zone instabili. Il governo di Patassé prima e di Bozizé dopo non sono mai riusciti a controllare quelle zone. Un intervento di una forza multinazionale potrebbe solamente rallentare un’eventuale avanzata verso la capitale. Ma non so quanto riuscirebbe a riportare la stabilità in zone che, ripeto, sono sempre state instabili e che da anni sono instabili, preda di movimenti ribelli, ma anche di banditismo, di criminalità comune. Teniamo presente che proprio nel Nord della Repubblica Centrafricana si dice che ci siano anche gli ultimi ribelli del Lord’s Resistance Army ugandesi. Quindi, c’è tutta una fascia non controllata da parte del governo che è un po' il "regno di nessuno".







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