Il patriarca di Venezia Moraglia: “tenere viva la luce del Natale in una società
secolarizzata”
“Il Natale è come una luce che illumina quanti camminano nell’oscurità della notte.
Noi dobbiamo tenere viva questa fiamma che è stata donata agli uomini duemila anni
fa”. Attinge alla prima lettura del libro del profeta Isaia, il patriarca di Venezia,
mons. Francesco Moraglia, per introdurre l’omelia – ripresa dalla Zenit - pronunciata
durante la Santa Messa della notte di Natale nella Basilica di San Marco. “Maria e
Giuseppe ne furono i primi attenti, fedeli e generosissimi custodi – ha spiegato mons.
Moraglia -. Dopo Maria e Giuseppe, le generazioni di discepoli che si sono succedute
hanno custodito questa piccola fiamma; ora tocca a noi”. “Il compito non è facile
– ha aggiunto -, dobbiamo, infatti, tenerla viva in un tempo, il nostro, fortemente
secolarizzato e scristianizzato. Un tempo segnato da una diffusa mentalità individualista
e relativista”. Secondo il patriarca di Venezia, la vera cifra del Natale consiste
nell’essere questa novità assoluta. A Betlemme, infatti, non si dà solo la nascita
di un bambino, evento che - sul proscenio della storia - costituisce qualcosa di esclusivo,
di irripetibile; ogni nascita, infatti, rappresenta un evento unico. “Ma la novità
assoluta del Natale consiste nel fatto che questa nascita riguarda la stessa umanità
della persona dell’unigenito Figlio del Padre che sta nei cieli”, ha ricordato mons.
Moraglia. Il Bambino Gesù, quindi, “porta in sé una vera novità; anzi Lui, nella sua
persona, è la novità assoluta che lo colloca in una posizione veramente unica poiché
in Lui si realizza la presenza di Dio come in nessun altro prima di Lui è stato e
dopo di Lui sarà”. “Tutto questo dice in modo eloquente – afferma ancora il patriarca
-, che quando si è realmente grandi, non si ha bisogno di persone famose o di apparati
altisonanti poiché chi già possiede, anzi chi è, la stessa grandezza non ha bisogno
di riceverla da altri”. “Il Natale cristiano – ha concluso mons. Moraglia - e non
la sua lettura distorta in senso consumista o umanista, deve tener conto non solo
della venuta al mondo di un bambino ma di chi è quel bambino: Dio che si fa uomo,
il Dio con noi, il Dio che entra nella storia salvandola. E Dio è l’unico in grado
di parlarci, in verità, della salvezza perché è l’unico in grado di donarcela”. (M.G.)