Siria. Mons. Zenari: Natale di speranza e solidarietà nonostante tutto
Un Natale segnato dalla guerra e dalla violenza è quello che sta vivendo la Siria,
come ha ricordato anche il Papa nel suo messaggio "Urbi et Orbi" auspicando che cessi
finalmente lo spargimento di sangue. Nonostante la sofferenza, i cristiani sentono
comunque speranza per la Nascita di Gesù, come conferma al microfono di Debora
Donnini, il nunzio apostolico in Siria, mons. Mario Zenari:
R. - Come
si può immaginare, è un Natale tutto particolare, ma nonostante ciò si celebra questo
mistero, il mistero della gioia e della solidarietà di Dio in Gesù con gli uomini.
Questo pensiero è presente anche qui, così come questa atmosfera di gioia, anche se
magari non è espressa tanto in segni esterni, perché non si possono celebrare le Messe
a mezzanotte come negli anni precedenti. Le Messe sono anticipate alle cinque della
sera per questioni di sicurezza. Già alle cinque della sera qui è notte e basti pensare
a certi luoghi come Aleppo, dove manca completamente l’energia elettrica e quindi
la città è buia.
D. - Per la Siria, per i cristiani di Siria quello di quest’anno
è un Natale sicuramente più difficile, però la gente ha speranza?
R. - In fondo
è chiaro, si vive anche di speranza, nonostante quello che accade intorno. Nonostante
in certi luoghi manchi completamente l’elettricità e il pane si trovi con grande difficoltà
o a prezzi esorbitanti. Pensiamo che il pane è passato da 15 lire siriane a 200 lire
siriane... Natale ancora porta con sé la speranza, la gioia, sia pure in una maniera
forse anche più profonda, che non si esprime in questi festeggiamenti, che gli anni
scorsi si aveva la possibilità di fare dopo la Messa di Mezzanotte con la fanfara.
D.
- Proprio in questo Natale, senza tanti segni esteriori in Siria, qual è il suo messaggio
per i cristiani di questo Paese?
R. - Che c’è la solidarietà di Dio con l’umanità
in Gesù, dimostrata nel presepe con l’Incarnazione del Figlio di Dio, e che questa
solidarietà di Dio con gli uomini suscita anche quella di tante persone. Sto scoprendo
sempre di più questo aspetto della solidarietà che non manca, anzi cresce. C’è una
bella solidarietà tra famiglie che spesso non hanno grandi possibilità e c’è una solidarietà
che viene anche dall’esterno, pensiamo al gesto generoso di solidarietà del Santo
Padre e dei Padri sinodali. Ad esempio, in una parrocchia c’è una comunità di religiosi
che ha fatto uno sforzo per dare un buono alle famiglie - circa 150 famiglie tra le
più povere - per andare in una rosticceria e comprare un pollo per il giorno di Natale.
Un’altra comunità di religiosi ogni giorno riesce a distribuire 6.500 pasti caldi:
non solo, è riuscita ad avere come volontari un buon numero di giovani sia cristiani
sia musulmani, che prestano il loro servizio volontario nella distribuzione di queste
razioni quotidiane di cibo. Quindi, direi in questo clima così pesante, fioriscono
anche questi bei fiori di solidarietà.
D. - I cristiani in Siria hanno comunque
paura di persecuzioni, oltre alla paura data ovviamente data dai combattimenti, dalla
guerra…
R. - Naturalmente, in questo clima di incertezza è chiaro che qui i
gruppi “minoritari” - ce ne sono diversi perché la Siria è finora la composizione
di un mosaico - i vari gruppi etnico-religiosi hanno una certa paura non sapendo come
andrà a finire questo conflitto. Quindi, c’è nel sottofondo un certo timore. Fino
ad oggi, i cristiani hanno sofferto come tutti i siriani: anche loro sono stati alle
volte sotto la pioggia delle bombe, tra fuochi incrociati e anche loro sono dovuti
fuggire dai loro villaggi, dalle loro case, come tanti sfollati, che sono più di due
milioni. Finora, c’è sempre stato un buon clima - direi anche esemplare - di relazioni
tra cristiani e musulmani. Si spera che questo non venga rovinato da questo terribile
conflitto, ma che queste relazioni tra vari gruppi etnico-religiosi possano continuare.