Messa di Natale. Il Papa ricorda profughi e immigrati: aiuto a chi soffre prevalga
su armi e guerre in nome di Dio
Lunedì sera, nella Basilica Vaticana, Benedetto XVI ha presieduto la Santa Messa della
notte di Natale. Nella sua omelia, il Papa ha ribadito l’importanza dell’accoglienza
per i profughi, i migranti, i rifugiati ed ha invitato i fedeli ad essere “vigilanti”
contro “l’uso indebito della religione”. Infine, Benedetto XVI ha invocato la pace
per il Medio Oriente ed ha auspicato aiuti per i sofferenti, al posto degli armamenti.
Il servizio di Isabella Piro:
(musica)
“Sempre di nuovo”: l’omelia del Papa si apre con queste parole che richiamano
la bellezza infinita del Natale, la bellezza che è “splendore della verità”, quella
verità di un Dio che si fa bambino e “si mette fiduciosamente nelle nostre mani affinché
possiamo accoglierlo ed amarlo”. Ma davvero, chiede Benedetto XVI, siamo pronti ad
accogliere Dio?:
"Così la grande questione morale su come stiano le cose
da noi riguardo ai profughi, ai rifugiati, ai migranti ottiene un senso ancora più
fondamentale: abbiamo veramente posto per Dio, quando Egli cerca di entrare da noi?
Abbiamo tempo e spazio per Lui? Non è forse proprio Dio stesso ad essere respinto
da noi?".
L’uomo di oggi non ha tempo per Dio, continua il Papa, anzi:
tanto più velocemente si muove, tanto meno tempo ha a disposizione. E la questione
che riguarda Dio “non sembra mai urgente”:
"La metodologia del nostro pensare
è impostata in modo che Egli, in fondo, non debba esistere. Anche se sembra bussare
alla porta del nostro pensiero, Egli deve essere allontanato con qualche ragionamento.
Per essere ritenuto serio, il pensiero deve essere impostato in modo da rendere superflua
l’'ipotesi Dio'. Non c’è posto per Lui".
Così, riempiti da noi stessi,
non lasciamo spazio agli altri, ai bambini, ai poveri, ai sofferenti, agli stranieri,
agli emarginati. Eppure, dice Benedetto XVI, Dio è buono, è il bene per eccellenza
e “dove non si dà gloria a Dio, dove Egli viene dimenticato o addirittura negato,
non c’è neppure pace”. E sbagliano, dice il Papa, quelle correnti di pensiero che
ritengono le religioni cause di violenza, guerre, intolleranza:
"È vero
che una religione può ammalarsi e giungere così ad opporsi alla sua natura più profonda,
quando l’uomo pensa di dover egli stesso prendere in mano la causa di Dio, facendo
così di Dio una sua proprietà privata. Contro questi travisamenti del sacro dobbiamo
essere vigilanti. Se un qualche uso indebito della religione nella storia è incontestabile,
non è tuttavia vero che il 'no' a Dio ristabilirebbe la pace. Se la luce di Dio si
spegne, si spegne anche la dignità divina dell’uomo".
Perché nel buio del
peccato e della violenza, afferma il Santo Padre, la fede “ha inserito un raggio luminoso
di pace e di bontà che continua a brillare”. Ed è allora che l’omelia di Benedetto
XVI diventa preghiera:
"Signore, fa’ che anche oggi le spade siano forgiate
in falci (cfr Is 2,4), che al posto degli armamenti per la guerra subentrino aiuti
per i sofferenti. Illumina le persone che credono di dover esercitare violenza nel
tuo nome, affinché imparino a capire l’assurdità della violenza e a riconoscere il
tuo vero volto. Aiutaci a diventare uomini secondo la tua immagine e così uomini di
pace".
Sulle orme dei pastori che con “santa curiosità e santa gioia” si
recarono a Betlemme, dunque, l’uomo deve andare incontro a Signore, oltrepassando
i propri limiti materiali per giungere all’essenziale.
Infine, il Papa innalza
una preghiera per la pace in Medio Oriente:
"Preghiamo perché lì ci sia
pace. Preghiamo perché Israeliani e Palestinesi possano sviluppare la loro vita nella
pace dell’unico Dio e nella libertà. Preghiamo anche per i Paesi circostanti, per
il Libano, per la Siria, per l’Iraq e così via: affinché lì si affermi la pace. Che
i cristiani in quei Paesi dove la nostra fede ha avuto origine possano conservare
la loro dimora; che cristiani e musulmani costruiscano insieme i loro Paesi nella
pace di Dio".