Siria: raid su un panificio. Centinaia le vittime. Un Natale di dolore nelle parole
di p. Ibrahim Sabah
Ennesima gravissima violenza sui civili in Siria. Una strage nella provincia di Hama
dove un raid aereo ha causato centiania di vittime, nel giorno della visita a sorpresa
nel Paese dell’inviato dell'Onu e della Lega Araba, Brahimi. Il servizio di Cecilia
Seppia: Non c’è fine
all’orrore in Siria. In serata nella cittadina di Helfaya un raid, attribuito al regime,
ha centrato in pieno un panificio fuori dal quale c’erano oltre mille persone in coda
per comprare il pane: il bilancio ancora provvisorio, della tv al Arabya – che cita
testimoni oculari- parla di 300 morti tra cui donne e bambini. Altre vittime si registrano
in varie parti del Paese. Ad Hama prosegue l’offensiva dei ribelli che guadagnano
terreno anche lungo l’autostrada Damasco-Aleppo. Sul fronte diplomatico da segnalare
la visita a sorpresa dell’inviato speciale di Onu e Lega Araba Brahimi con il presidente
Assad per cercare, dopo quella di ottobre, una nuova mediazione al conflitto. Dal
canto suo Israele annuncia la volontà di lavorare con gli Stati Uniti e la comunità
internazionale in vista di un possibile cambio al vertice del regime di Damasco. Resta
poi la preoccupazione per l’utilizzo da parte della Siria di armi di distruzione di
massa e l’eventualità che queste cadano nelle mani di militanti islamici o degli
hezbollah libanesi. Per ora le armi chimiche sono al sicuro fa sapere il ministero
della Difesa israeliano.
Tra i cristiani, chi può è fuggito nella regione costiera
di Tartus, per ora ancora relativamente sicura, o nel vicino Libano. Ma chi è rimasto
si è trovato suo malgrado in mezzo al conflitto. Al microfono di Silvia Koch,padre Ibrahim Sabah, francescano siriano della Custodia di Terra Santa, parla
di questo Natale di dolore:
R. - Noi francescani
della Custodia di Terra Santa - che include anche la Giordania, la Siria, il Libano
e Cipro - insieme anche ai fratelli salesiani e alle Missionarie della Carità - le
Suore di Madre Teresa - siamo sicuramente una cospicua presenza. Oggi più che mai,
è una presenza sofferente perché alla gente manca l’elettricità, manca il pane e soffre
anche la fame. Tutti i cristiani che non hanno lasciato il Paese, perché sono voluti
restare nelle loro case, in questo momento stanno soffrendo. È quindi molto difficile
- anche a causa della paura, delle bombe e delle esplosioni - parlare di gioia natalizia
in questo momento. Sicuramente noi celebriamo il mistero dell’Incarnazione di Gesù
nella storia come francescani, nel vivere la sofferenza con la gente; sicuramente
– come l’anno scorso – le feste saranno celebrate in modo sobrio, molto semplice e
saranno anticipate per permettere alle persone di tornare a casa prima del buio, perché
hanno paura. I fratelli che si trovano lì stanno facendo tutto il possibile per aiutare
le famiglie: ci sono tante famiglie senza nemmeno una bombola di gas e non possono
cucinare, l’elettricità in alcune zone va via anche per 18 ore al giorno.
D.
– Qual è il messaggio che la Chiesa locale cerca di mandare ai fedeli per diffondere
speranza nel tempo di Natale?
R. – Il messaggio è un messaggio di pace. Io
approfitto di questa occasione per ringraziare tutta questa buona gente, che generalmente
non è gente ricca, ma la maggior parte dei benefattori dei luoghi santi - ma anche
di tutto il Medio Oriente, della Custodia di Terra Santa - sono persone che appartengono
alla classe media o povera, ma che aiutano la missione in quel Paese. Senza la presenza
dei pellegrini in Terra Santa noi non potremmo festeggiare; senza gli aiuti mandati
in sostegno da parte di tutta la Chiesa internazionale, oggi noi non potremmo continuare
ad esistere in Siria e nemmeno in Terra Santa.