Arrivato in Siria l'inviato di Lega Araba e Onu: attesa per l'incontro con Assad
C’è grande attesa per l’incontro che dovrebbe tenersi a breve fra il presidente Assad
e l'inviato speciale Lega-Onu per la Siria, Lakhdar Brahimi, giunto oggi in Siria.
Il primo ministro israeliano Netanyahu fa sapere che “Israele lavora con gli Stati
Uniti e la comunità internazionale in vista di un possibile cambiamento al vertice
del regime di Damasco”. Tel Aviv esprime preoccupazione per la possibilità che le
armi chimiche cadano nelle mani di militanti islamici o degli hezbollah libanesi,
anche se al momento - secondo fonti della Difesa israeliana – i gas velenosi sarebbero
al sicuro. Sul territorio non c’è tregua alle violenze: secondo l'emittente Al Jazeera,
ribelli siriani hanno conquistato la base militare governativa di Ras al-Ein, alla
periferia di Damasco, dopo violenti scontri con le truppe fedeli a Assad, e scontri
sono in corso anche in aree periferiche di Damasco. Inoltre nella regione centrale
di Hama, dove da giorni il fronte anti-regime ha lanciato una vasta offensiva militare,
cresce la minaccia per la sicurezza delle minoranze. in particolare i ribelli chiedono
ai cristiani di prendere le armi. Tra i cristiani, chi può è fuggito nella regione
costiera di Tartus, per ora ancora relativamente sicura, o nel vicino Libano. Ma chi
è rimasto si è trovato suo malgrado in mezzo al conflitto. Al microfono di Silvia
Koch, padre Ibrahim Sabah, francescano siriano della Custodia di Terra
Santa, parla di questo Natale di dolore:
R. - Noi francescani
della Custodia di Terra Santa - che include anche la Giordania, la Siria, il Libano
e Cipro - insieme anche ai fratelli salesiani e alle Missionarie della Carità - le
Suore di Madre Teresa - siamo sicuramente una cospicua presenza. Oggi più che mai,
è una presenza sofferente perché alla gente manca l’elettricità, manca il pane e soffre
anche la fame. Tutti i cristiani che non hanno lasciato il Paese, perché sono voluti
restare nelle loro case, in questo momento stanno soffrendo. È quindi molto difficile
- anche a causa della paura, delle bombe e delle esplosioni - parlare di gioia natalizia
in questo momento. Sicuramente noi celebriamo il mistero dell’Incarnazione di Gesù
nella storia come francescani, nel vivere la sofferenza con la gente; sicuramente
– come l’anno scorso – le feste saranno celebrate in modo sobrio, molto semplice e
saranno anticipate per permettere alle persone di tornare a casa prima del buio, perché
hanno paura. I fratelli che si trovano lì stanno facendo tutto il possibile per aiutare
le famiglie: ci sono tante famiglie senza nemmeno una bombola di gas e non possono
cucinare, l’elettricità in alcune zone va via anche per 18 ore al giorno.
D.
– Qual è il messaggio che la Chiesa locale cerca di mandare ai fedeli per diffondere
speranza nel tempo di Natale?
R. – Il messaggio è un messaggio di pace. Io
approfitto di questa occasione per ringraziare tutta questa buona gente, che generalmente
non è gente ricca, ma la maggior parte dei benefattori dei luoghi santi - ma anche
di tutto il Medio Oriente, della Custodia di Terra Santa - sono persone che appartengono
alla classe media o povera, ma che aiutano la missione in quel Paese. Senza la presenza
dei pellegrini in Terra Santa noi non potremmo festeggiare; senza gli aiuti mandati
in sostegno da parte di tutta la Chiesa internazionale, oggi noi non potremmo continuare
ad esistere in Siria e nemmeno in Terra Santa.