L'Egitto vota la bozza della Costituzione. Scontri e feriti ad Alessandria
Si torna al voto in Egitto per il secondo turno del controverso referendum sulla nuova
costituzione. Domenica scorsa il fronte del “si”, sostenuto dai Fratelli musulmani,
aveva ottenuto la maggioranza. Alta l’affluenza ai seggi che chiuderanno in tarda
serata, con qualche ora di ritardo, per consentire a tutti di votare. Sulla sicurezza
vigilano circa 250 mila tra poliziotti e militari.Sempre di oggi la notizia delle
dimissioni del vicepresidente egiziano Mekki, il quale ha ritenuto incompatibile il
suo ruolo politico con quello di giudice,e il presidente della Banca centrale egiziana.Il
servizio di Giuseppe Acconcia:
Sono aperti
i seggi per il secondo turno del referendum costituzionale in Egitto. Sono chiamati
alle urne gli elettori di 17 governatorati tra cui Giza, Suez e Minia. Ieri, si sono
registrati scontri ad Alessandria. In una manifestazione organizzata dagli islamisti
intorno alla moschea Qaed Ibrahim, è iniziata una sassaiola tra sostenitori e oppositori
del referendum. Secondo il Ministero della sanità, 55 persone sono rimaste ferite
negli scontri. Anche lo scorso venerdì, per il sostegno accordato ai "sì" alla Costituzione
dallo sheykh di Alessandria, el-Mahalawy, avevano fatto seguito duri scontri
all’interno e all’esterno della moschea. È poi stata resa nota ieri dal presidente
Morsi la lista dei 90 esponenti della Shura, la Camera alta che prenderà pieni poteri
legislativi in caso di vittoria dei 'sì' al referendum. Tra i nominati ci sono 12
cristiani, ma nessuno dei leader del Fronte nazionale di salvezza ha accettato di
occupare un seggio. Si è concluso così il quarto tentativo di dialogo tra islamisti
e opposizione, al quale hanno preso parte anche rappresentanti delle Chiese cristiane
egiziane. I risultati definitivi del voto sono attesi per lunedì.
Per un’analisi
su quanto sta accadendo in Egitto, Massimiliano Menichetti ha chiesto l'opinione
di Valentina Colombo, della European Foundation for Democracy, ordinario di
Cultura e geopolitica dell’islam all’Università Europea di Roma:
R. – Nel gennaio
2011, tutti noi avevamo creduto nelle "primavere arabe". Chi conosceva Paesi come
la Tunisia, l’Egitto, sapeva che erano sottoposti a regimi dittatoriali atroci, quindi
una rivoluzione che lasciava presupporre una vera democrazia ha aperto il cuore. Purtroppo
però, questa democrazia ha portato al potere i cosiddetti estremisti moderati, ovvero
i Fratelli musulmani, che sono estremisti e non sono moderati, mettendo a repentaglio
le libertà personali: in primis, le libertà delle minoranze e tra queste le libertà
delle minoranze cristiane e delle donne. Abbiamo di fronte un diritto in cui l’islam
è la religione naturale dell’uomo, in cui la libertà di culto, di conversione a un’altra
religione, non esiste, non è concessa. L’apostasia viene punita con la condanna a
morte e già questo è qualcosa di universalmente inaccettabile.
D. – Cosa si
profila per la donna in questi Paesi?
R. - Laddove noi ci avviamo ad avere,
sia in Tunisia sia in Egitto, Costituzioni dove la sharia, il diritto islamico,
è la fonte principale della legge, noi sappiamo che da quel momento in cui queste
Costituzioni saranno approvate, la donna varrà la metà dell’uomo.
D. - Non
è un modo dire…
R. – Assolutamente. Il diritto islamico, in qualsiasi sua
interpretazione, dalla più liberale alla più radicale, prevede che la donna erediti,
per esempio, la metà dell’uomo e che la testimonianza di un uomo equivalga alla testimonianza
di due donne.
D. – Il soggetto Fratelli musulmani chi è? Qual è il volto di
questa realtà?
R. – I Fratelli musulmani nascono in Egitto nel 1928 e sono
anzitutto un movimento molto organizzato, capillarmente diffuso in Egitto, perché
hanno da sempre svolto un’azione sociale. In questo momento loro – ben organizzati,
ben finanziati e grandissimi comunicatori – hanno capito che devono abbandonare il
“linguaggio islamico”. Per cui, dall’inizio della primavera araba, noi abbiamo avuto
una cancellazione dello slogan elettorale, politico, dei Fratelli musulmani “l’islam
è la soluzione”, diventato “la libertà e la giustizia sono la soluzione”. Dobbiamo
ricordarci però che questa libertà e questa giustizia non sono libertà e giustizia
universali, come espressi nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, ma
sono libertà e giustizia dal punto di vista islamico.
D. – Giustizia o libertà
cosa significano queste parole nel mondo islamico?
R. - L’esempio più calzante
è la parola "libertà", che in senso islamico è contrario di schiavitù, null’altro.
E’ sempre una libertà limitata dalla sharia, dal diritto islamico che non prevede,
per esempio, la conversione di un musulmano durante la religione. Per cui, quando
io dico libertà è sottinteso che quel tipo di libertà non la devo neanche considerare
tale, non la devo ottemperare.
D. - La radice sulla quale i Fratelli musulmani
si muovono, lo scopo, è la creazione di uno Stato islamico unico?
R. – Si.
E’ fondamentale nel pensiero dei Fratelli musulmani, e si ritrova esplicitamente nel
teologo Qaradawi, l’imam di Al Jazeera, il primo imam a predicare in piazza Tahrir
dopo la rivoluzione. Lui dice chiaramente: con moderazione si arriverà ad uno Stato
islamico unificato.
D. - Questo vale da sempre?
R. - Fin dai tempi del
quinto Congresso dei Fratelli musulmani del 1939.
D. – Dunque il futuro sembra
costellato di luci ed ombre...
R. - Tutte quelle nazioni che sono state sottoposte
ad anni di dittature. Il mondo arabo deve crescere, deve imparare a gestire e a godere
della democrazia, deve percorrere una lunga strada. Lo farà, ci riuscirà, ma di sicuro
avrà bisogno dell’aiuto e del sostegno dell’Occidente, che forse dovrebbe smettere
di credere agli estremisti moderati e credere ai musulmani nella loro pluralità: quindi
agli egiziani, ai tunisini ai siriani e così via.
D. - Più ponti di dialogo
e di confronto?
R. - Assolutamente. Dobbiamo convincerci che il mondo arabo
e il mondo islamico sono mondi plurali.