Mons. Paglia: rispetto della natura è anche non manipolare la famiglia
“Nonostante tutte le impressioni contrarie, la famiglia è forte e viva anche oggi”,
ma “è incontestabile, però anche la crisi che – particolarmente nel mondo occidentale
– la minaccia fino nelle basi”. E’ uno dei passaggi del discorso del Papa alla Curia
Romana. Luca Collodi ha raccolto il commento di mons. Vincenzo Paglia,
presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia:
R. - La famiglia
è il nodo cruciale della società, perché è il luogo dove si trasmette la vita e quindi
la politica, l’economia, la cultura. Il legame tra le generazioni trova nella famiglia
il luogo centrale, dove tutto questo accade: ecco perché se questo luogo viene avvelenato,
non ne viene un danno solo ai credenti, alla Chiesa, ma ne viene un danno terribile
all’umanità stessa. Allora mi lasci dire che - a mio avviso - questa mattina il Papa
è stato geniale quando ha detto che facciamo bene a deplorare la manipolazione della
natura, dell’ambiente, ma purtroppo siamo ciechi quando si parla dell’uomo, della
donna e della vita umana. C’è come una contraddizione di fondo, che va sciolta!
D.
- Mons. Paglia, il Papa ha affrontato il tema del “gender” con una riflessione molto
concreta sul genere e la sessualità…
R. - Oggi era indispensabile farlo. C’è
come un “kairòs” del magistero, anche perché la tentazione di pensare che l’uguaglianza
avviene abolendo la diversità, è non solo superficiale intellettualmente, ma anche
pericolosa perché, alla fine, solo io sono uguale a me stesso! Quindi noi riusciamo
a esaltare a tal punto l’individuo da diventare noi stessi creatori dell’Io: non diveniamo
creatori dell’altro, ma distruttori dell’altro nella misura in cui esaltiamo l’Io
per distinguerci. Ecco perché è pericolosissimo che la complessità della realtà venga
semplificata per un’operazione di pseudo-egualitarismo. Io credo, anzi, che proprio
il riconoscimento della ricchezza della diversità ci permette di essere uguali: quindi
c’è la grande fatica - che poi tutti vediamo - di convivere non tra uguali, ma tra
diversi, perché convivere tra uguali all’inizio può essere facile, ma poi porta a
convivere solo con se stessi. E’ la solitudine di cui, purtroppo, questo mondo oggi
soffre in maniera terribile.
D. - La famiglia, quindi, esiste grazie alla
dualità di maschio e femmina, che arriva dalla creazione...
R. - Non c’è alcun
dubbio! E’ stato vero da sempre, in tutte le culture e in tutte le religioni e a tutte
le latitudini… Mentre oggi assistiamo alla pretesa prometeica di voler avere il diritto
al figlio, come se fosse una merce che si compra; oppure il diritto ad abolirlo, come
se fosse un’usa e getta a nostro piacimento. Il tema della famiglia uomo-donna è la
condizione prioritaria e unica per avere un figlio e quindi per scrivere la storia,
per avere il futuro!
D. - Mons. Paglia, la famiglia, costituita da padre, madre
e figli – come dice il Papa - ha poi ricadute sull’architettura stessa della società
in cui viviamo…
R. - Lo diceva già Cicerone. Quando Cicerone - che non era
cattolico! - definiva la famiglia “principium urbis et quasi seminarium rei publicae”,
cioè “principio della città e luogo di apprendimento per costruire la società”, diceva
quello che è naturale, che è - direi - scontato. Pretendere allora di dire che noi
ci costruiamo la famiglia a nostra misura e somiglianza vuol dire non edificare una
famiglia, ma mettersi individualmente al centro del mondo e fare tutto al proprio
servizio. E’ questo - secondo me - il grande equivoco di un ideale prometeico, che
è davvero l’inizio della distruzione.