2012-12-21 14:57:14

Crisi nella Repubblica Centroafricana: al centro degli interessi le risorse minerarie


Si tenta la via del dialogo nella crisi nella Repubblica Centroafricana. I ribelli, che minacciano di rovesciare il regime di Bangui e hanno conquistato numerose città nel nord del Paese, hanno sospeso i combattimenti proponendo al governo di intavolare un negoziato. Sono giunti, intanto, gli aiuti militari del Ciad per sostenere il presidente François Bozizé, che prese il potere con le armi nel 2003. Ma quali sono gli interessi in gioco che hanno scatenato il conflitto? Cecilia Seppia ne ha parlato con padre Giulio Albanese, direttore della rivista Popoli e Missione ed esperto di questioni africane:RealAudioMP3

R. – Indubbiamente, il presidente François Bozizé è davvero in grande difficoltà. Forse questa è la crisi peggiore, a livello istituzionale, dal 2003, quando il suo predecessore Patassé fu costretto a fare le valigie.

D. – Parliamo di un conflitto che si è inasprito in questi ultimi giorni. Ma che cosa c’è dietro? Qual è la connotazione principale di questo conflitto?

R. – E’ in atto una vera e propria divisione all’interno del Paese. Apparentemente si tratta di contrapposizioni che hanno una valenza esplicitamente politica, legate alla gestione del potere. Ma non dimentichiamo che dietro alle quinte ci sono interessi, soprattutto legati alle immense risorse minerarie di questo Paese. Recentemente infatti, sono stati rilevati giacimenti non solo di diamanti, ma vi sono anche risorse energetiche come idrocarburi, e questo soprattutto nel versante settentrionale del Paese al confine sia con il Ciad sia con il Sudan. Poi, addirittura, si parla – ma queste sono voci – di giacimenti di uranio!

D. - Non dimentichiamo che in questa zona ci sono anche dei forti interessi internazionali …

R. – La Repubblica Centroafricana, in questo momento, è un po’ la cartina di tornasole delle contrapposizioni tra le grandi potenze. Non dimentichiamo che questa nazione tradizionalmente appartiene alla francofonia, non foss’altro perché è un’ex-colonia francese. Dall’altro lato, c’è da considerare che i Brics, in particolare Cina e Sudafrica, hanno interessi da quelle parti e questo significa che da una parte vi sono tensioni locali e c’è rischio che davvero scoppi una guerra civile, ora che si profila un intervento da parte dell’esercito ciadiano. Dall’altra, c’è da considerare che purtroppo, come al solito, la vita dei popoli dell’Africa – e direi che in questo senso il Centroafrica è davvero una metafora, un paradigma – è fortemente condizionata da interessi stranieri.

D. – Tra l’altro, sono in programma questi “colloqui” per cercare una mediazione tra i ribelli e l’esercito, appoggiato dal Ciad che fa un po' la parte del leone…

R. – Sì: certamente, l’Unione Africana è quella che in questo momento è più preoccupata. I francesi sembrano apparentemente defilarsi, anche perché la Francia già in passato ha avuto problemi nel gestire la questione centroafricana. Una cosa è certa: molto dipenderà dalla moderazione dei governi della regione e dei Paesi limitrofi, io direi in primis del governo ciadiano, quello del presidente Idriss Déby, non foss’altro perché in questo momento è lui che sta difendendo Bozizé, ovvero il governo centroafricano attualmente al potere. I ribelli, comunque, se sono riusciti a scatenare questa offensiva è perché hanno i loro paladini dietro le quinte, e quindi hanno ricevuto armi e munizioni. E questo la dice lunga sul fatto che ancora una volta una crisi come questa rischia di destabilizzare fortemente il cuore nevralgico delle Afriche.

D. – Tu hai parlato di rischio di guerra civile: si parla però prima ancora anche di rischio di colpo di Stato …

R. – Sì: si parla certamente di un possibile ribaltone, e questo non è una novità perché già nel 2003 Patassé fu costretto a fare le valigie proprio per l’intervento di Bozizé. Però, c’è anche da considerare una cosa: che in Centroafrica, purtroppo, da parte della popolazione locale, rispetto a certe vicende, vi è sempre stata una notevole passività e molte volte, a decidere le sorti del Paese è stato l’esercito, sono stati i gruppi armati. D’altronde, questo è un po’ un comune denominatore dell’Africa subsahariana. E direi che uno dei punti deboli del Centroafrica è proprio la debolezza strutturale della società civile.







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