Siria: sale a 44 mila il bilancio delle vittime della guerra civile
44 mila vittime: è questo il dato drammatico aggiornato del bilancio della guerra
civile in Siria. Solo ieri almeno cento i morti degli scontri tra esercito e milizie
dell’opposizione, che si sono concentrati soprattutto nella zona della capitale Damasco
e Aleppo. Il servizio è di Marina Calculli:
E’ di oltre
100 morti il bilancio delle vittime in Siria, secondo i comitati di coordinamento
rivoluzionario. 40 vittime sono state provocate dall’esplosione di un’autobomba nei
pressi di Aleppo. Sale così a 44.000 il numero complessivo degli individui che hanno
perso la vita in Siria negli ultimi 21 mesi. Secondo il presidente dell’Osservatorio
siriano per i diritti umani, questo bilancio potrebbe addirittura essere rivisto al
rialzo, dato che non si contato i dispersi e i detenuti nelle carceri governative,
di cui non si ha notizia da tempo. Per uno di essi, in carcere dal marzo scorso, si
mobilita intanto il web: il soggetto in questione è Bassel Khartabil, un ingegnere
di 31 anni, eletto dalla rivista Foreign Policy tra i 100 pensatori più influenti
del mondo. Di lui non si sa più nella, se non che sia stato trasferito in un carcere
militare di Damasco. Dopo il bombardamento del campo palestinese di Yarmouk, inoltre,
è in corso un negoziato tra esercito e ribelli per preservare l’integrità del campo
e dei rifugiati. Molti di loro però sono già in fuga. Il presidente dell’Autorità
Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas, ha chiesto all’ONU di permettere ai profughi
di entrare nel territori palestinesi.
Intanto, non si ferma la diplomazia internazionale
nel tentativo di trovare vie d’uscita alla sanguinosa crisi. Sulle iniziative sinora
adottate, Giancarlo La Vella ha intervistato l’inviato per il Medio Oriente
della Farnesina, il ministro plenipotenziario Maurizio Massari, a poche settimane
dal vertice in Italia dei Paese amici della Siria:
R. - Le risposte
della comunità internazionale, in questa fase, sono volte al sostegno della coalizione
dell’opposizione che si è formata a Doha a novembre e che comunque ha creato i presupposti
per un’alternativa politica all’attuale regime. Noi crediamo che, al di là delle azioni
di emergenza umanitaria, è comunque necessario continuare a lavorare per una soluzione
politica della crisi, perché proseguire lo scontro militare sul terreno non farebbe
altro che causare ulteriori vittime innocenti.
D. - Secondo lei, la soluzione
della crisi passa necessariamente attraverso un’uscita di scena del presidente Assad
o c’è un’altra via da percorrere?
R. - Una soluzione politica credibile non
può prevedere alcun ruolo per il presidente Assad nella transizione siriana. Questa
è una precondizione, in quanto il capo dello Stato ha perso qualsiasi tipo di legittimità
agli occhi del popolo siriano. Egli è il primo responsabile di questo massacro di
civili, già oltre 40 mila. Quindi, una futura Siria, per essere stabile, ha bisogno
di essere costruita su basi nuove e sul presupposto che Assad lasci assolutamente
il potere e possibilmente anche il Paese, come chiede l’opposizione democratica.
D.
- In che modo l’Italia e la comunità internazionale stanno preparandosi al prossimo
vertice degli amici della Siria, che ci sarà proprio in Italia, considerando che l’opposizione
con la quale si dialogherà è stata sì unificata a Doha, ma ci sono ancora varie anime
degli insorti che non hanno aderito a questo cartello?
R. - Intanto, l’opposizione
è ormai riconosciuta come legittimo rappresentante del popolo siriano ed è già sufficientemente
rappresentativa delle diverse articolazioni della società stessa. Naturalmente, si
attendono altre adesioni, come ad esempio quella dei curdi, considerata molto importante.
C’è un continuo pressing da parte della comunità internazionale sull’opposizione,
affinché resti aperta il più possibile e che garantisca i diritti di tutte le minoranze:
cristiani, curdi, drusi, alawiti e tutti i gruppi che compongono la società siriana.
Su questo bisogna dire che l’opposizione ha fornito importanti garanzie sul piano
verbale che naturalmente andranno poi verificate sul terreno. Il vertice degli amici
della Siria è molto importante, perché potrebbe - auspicabilmente - essere il vertice
della svolta. E tutti speriamo che nei prossimi mesi ci possa essere un’evoluzione
anche sul terreno, che possa aprire la strada poi ad una soluzione politica. Questo
sempre che Assad non sia più sulla scena. Questa è una linea rossa alla quale non
possiamo rinunciare.