Centrafrica: prosegue l'avanzata dei ribelli, l'arcivescovo di Bangui invoca il dialogo
“Nella capitale crescono la preoccupazione e l’incertezza per la situazione al centro
nord, dove purtroppo ancora una volta la storia si ripete. Le forze coinvolte devono
abbandonare la strada delle armi per far valere le proprie rivendicazioni con mezzi
legali. L’unica soluzione è da ricercare in un dialogo inclusivo e diretto per trovare
insieme risposte in grado di assicurare la pace e lo sviluppo in Centrafrica”: è l’appello
affidato all'agenzia Misna dall’arcivescovo di Bangui, mons. Dieudonné Nzapalainga,
mentre i ribelli del Séléka (Alleanza) proseguono la loro avanzata dal nord-est verso
il centro del Paese. Dalla scorsa settimana la coalizione di miliziani è riuscita
a prendere il controllo di Ndélé, Sam-Ouandja, Ouadda, Bamingui, Mbré, Bria e Kabo;
quest’ultima città dista 350 chilometri a nord di Bangui. A questo punto, secondo
alcune fonti locali, i miliziani starebbero marciando in direzione di Bambari, importante
centro a 300 chilometri ad est della capitale. Dopo aver condannato gli attacchi degli
ultimi giorni, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha chiesto ai ribelli di porre fine
alle ostilità, ritirarsi dalle città occupate e di cessare la loro progressione verso
Bangui. L’organismo ha suggerito un “rafforzamento del dialogo politico” e un impegno
da parte dei gruppi armati e del governo centrafricano a “riconfermare il proprio
attaccamento al processo di riconciliazione nazionale”. Dal canto suo il partito Kwa
Na Kwa (il lavoro, solo il lavoro) del presidente François Bozizé, che finora non
ha mai commentato gli attacchi al nord, ha lanciato un appello a favore della “riconciliazione
tra tutti i centrafricani” ma ha avvertito che “verrà attuata una risposta decisa
contro avventurieri e mercenari”, in riferimento alla ribellione armata del Séléka.
Nella coalizione – creata lo scorso agosto da elementi dissidenti della Convenzione
dei patrioti per la giustizia e la pace (Cpjp) e della Convenzione dei patrioti della
salvezza e del Kodro (Cpsk) - è entrata a far parte anche l’Unione delle forze democratiche
per il raggruppamento (Ufdr). L’obiettivo dichiarato del Séléka è quello di arrivare
fino a Bangui per destituire il potere di Bozizé, accusato di non aver attuato gli
accordi di pace firmati a partire dal 2007 nè le conclusione del processo di dialogo
del 2008. Una dichiarazione rilasciata dalla direzione delle Forze armate centrafricane
(Faca) ha cercato di rassicurare la popolazione, chiedendogli di “non cedere al panico”.
Nonostante i rinforzi inviati dal Ciad su richiesta di Bangui – arrivati ieri pomeriggio
a Kaga Bandoro (centro), ma presenti anche a Sibut, 100 chilometri da Bangui – i ribelli
del Séléka hanno dichiarato che “i ciadiani non ci fanno paura, siamo determinati
a lottare fino in fondo”. A Bria hanno anche preso una base della Missione per il
consolidamento della pace in Centrafrica (Micopax), dove sono di stanza soldati di
diversi paesi dell’Africa centrale. In risposta alla risoluzione del Consiglio di
sicurezza i gruppi armati del Séléka hanno annunciato che “non ci ritireremo dalle
nostre attuali posizioni fin quando non ci sarà un dialogo sincero col potere” ha
detto Michel Djotodia, capo dell’ala dissidente dell’Ufdr. “Non vogliamo il potere,
non marceremo su Bangui ma continueremo a mantenere il pressione sul regime per vedere
riconosciuti i nostri diritti, per avere risposte alle nostre richieste”. La coalizione
preme soprattutto per ottenere i soldi promessi agli ex combattenti che hanno già
deposto le armi, la liberazione di quelli ancora detenuti e per chiarire la sorte
di Charles Massi, ex capo milizia scomparso nel 2010. (R.P.)