Senato dice “sì” a sale da poker. Mons. Solmi: si incentivano le ludopatie
Stupore e sconcerto per l’emendamento approvato in Commissione bilancio al Senato
che svuota molte norme introdotte dal governo contro il dilagare del gioco d’azzardo.
In particolare, slitta a giugno l’entrata in vigore dei limiti sulla pubblicità dei
giochi, mentre nessuna proroga figura invece circa il bando sul "poker live", che
prevede l’apertura di mille nuove sale dove si potrà giocare dal vivo l’uno contro
l’altro. Ma quali rischi comporta questa moltiplicazione incontrollata delle possibilità
di accesso al gioco d’azzardo? Marco Guerra lo ha chiesto mons. Enrico Solmi,
vescovo di Parma e presidente della commissione Cei per la famiglia e la vita:
R. – Andiamo
verso una ludopatia, favorendola in questo modo, anche perché queste possibilità chiudono
sempre di più la persona in se stessa, che non ha più relazione con l’altro, anche
l’altro che al limite gioca sanamente una partita con te. Le persone si chiudono assolutamente
in se stesse e questo poi procura un’ulteriore rottura dei rapporti amicali, oggi
sempre più in difficoltà, e dei rapporti familiari. Il gioco d’azzardo, il gioco on-line,
chiude e chiude in se stessi. Siamo veramente in una situazione molto preoccupante.
D.
– In tempi di crisi, la politica guarda ai bilanci e alle entrate che questi giochi
possono portare alle casse dello Stato, ma non ai gravi dissesti economici che causano
alle famiglie. Non è una visione quantomeno miope?
R. - Dobbiamo considerare
che i dissesti economici non ricadono solamente sulle famiglie ma sullo Stato stesso,
il quale dovrà a un certo momento sostenere questi giocatori ossessivi compulsivi
attraverso una serie d’interventi di carattere psicologico, psicoterapeutico, ovvero
nel creare strutture che aiutino queste persone a liberarsi dalle patologie indotte
dal gioco. E’ un realizzare un attivo oggi creando grandi difficoltà domani, anche
per lo Stato stesso, ed è una situazione non dico solo contraria all’etica, ma anche
profondamente amorale.
D. – Nella sua attività pastorale, ha riscontrato quali
ripercussioni può avere questo fenomeno sulla tenuta della famiglia?
R. – Si
ingenerano condizioni che lacerano la famiglia. Prima di tutto, sotto il profilo della
relazione. Chi gioca, lo nega al coniuge. Nasce un clima di sospetto, nasce l’ansia
da parte dell’altro che auspica un ritorno alla saggezza del congiunto. Ci sono casi
- e io ne ho testimonianza - in cui i familiari stessi sono arrivati a denunciare
il congiunto perché la persona sottraeva risorse in un modo anche cospicuo ai bilanci
familiari. Ho davanti a me alcune situazioni nelle quali le famiglie si sono separate.
Quindi, siamo davanti a una scelta di civiltà e a una scelta nella quale l’attenzione
alla persona e alle relazioni che la persona intesse dovrebbe essere considerata in
un modo prioritario, importante, anche in considerazione dei benefici economici che
può dare non solo alle famiglie ma anche allo Stato stesso.