L'incontro del cardinale Filoni con la realtà viva della Chiesa del nord Uganda
Si è conclusa la visita pastorale nel nord dell’Uganda del prefetto di Propaganda
Fide, il cardinale Fernando Filoni, che ha presieduto le celebrazioni conclusive
per il centenario dell’arrivo della fede nella diocesi di Arua, ad opera dei missionari
Comboniani a cui venne affidata la cura pastorale di questa regione ugandese. Alla
festa giubilare di Arua si sono unite le altre circoscrizioni della provincia ecclesiastica
di Gulu, che hanno da poco commemorato anch’esse la ricorrenza: l’arcidiocesi di Gulu
e le diocesi di Lira e Nebbi. Appena rientrato in Vaticano Roberto Piermarini
ha chiesto al porporato che Chiesa ha incontrato nel nord dell’Uganda:
R. – Oggi siamo
di fronte ad una comunità molto vibrante, molto bella; una comunità che tutti hanno
riconosciuto essere una tra le più belle, tra le più significative, tra le più vitali
dell’Uganda stesso. Dunque, la presenza del prefetto voleva proprio sottolineare il
lavoro già fatto e aprire anche la strada al lavoro che poi resta ancora da fare.
D. – Eminenza, che messaggio ha lasciato alla Chiesa di questa regione del
Nord dell’Uganda?
R. – Abbiamo riflettuto, prendendo in analisi gli ultimi
50 della storia di questa provincia e di tutto l’Uganda, sulla realtà della Chiesa:
una chiesa missionaria tradizionale, in cui missionari venuti dall’Europa, e in modo
particolare dall’Italia, hanno evangelizzato e creato una Chiesa, che è stata adesso
affidata nelle mani dei vescovi, dei sacerdoti locali e dei religiosi autoctoni. Praticamente
sono loro che ora hanno in mano questa Chiesa: la Chiesa creata 100 anni fa, a 50
anni dal Concilio, è stata ora consegnata a loro. Ho quindi chiesto a tutti loro:
"Che tipo di Chiesa volete per l’Africa, per l’Uganda, per Arua, per questa provincia
ecclesiastica di Gulu? Che tipo di Chiesa volete per il futuro?" Vogliono dare a questa
Chiesa l’impronta locale, che ricorda bene il lavoro fatto, ma che ora s’impegna per
il futuro. Dunque una Chiesa fedele al Vangelo, fedele a Cristo, fedele al magistero
della Chiesa; una comunità di religiosi che desiderano mostrare la loro dedizione,
oltre che al Vangelo, anche alla carità: lavorano benissimo in tanti settori – molto,
molto necessari - che vanno dall’educazione alla sanità. In questo momento ci sono
poi anche tanti problemi con i bambini: c’è una recrudescenza dell’aids e delle malattie
tradizionali quali la malaria. La loro opera è quindi molto, molto ben accolta. Ai
sacerdoti, riguardo proprio all’impegno pastorale e alla fedeltà, alla generosità,
alla donazione stessa: sono stati colpiti quando ho detto “Non si può essere preti
al 50% o all'80% o al 90%”. Ai vescovi ho raccomandato, poi, anche quella generosità
pastorale di chi ha ricevuto da Cristo e dalla Chiesa il mandato di reggere, di governare,
di “pascere” una Chiesa che si sta sviluppato. Quindi anche con un impegno, da parte
loro, di quella generosità che io ho comunque visto e di cui sono testimone. E’ stata
per me una bellissima visita sia per costatare ciò che è stato fatto finora, sia per
valutare le prospettive che hanno. I seminaristi, naturalmente, sono stati incoraggiati
a essere coloro che nel futuro, non troppo lontano, riceveranno dalle mani degli attuali
la continuità dell’apostolato della Chiesa in Uganda e in questa area del nord in
particolare.
D. – Era la prima volta che un cardinale di Curia arrivava in
questa regione: com’è stato accolto?
R. – Sono stato accolto in modo, anche
per me, quasi inaspettato. La gioia con cui la popolazione si è manifestata, ovunque
passassi, attendendo a volte ore sotto il sole pur di ricevere una benedizione, una
parola, un momento di preghiera insieme, è stata tanta. Una gioia espressa a tutti
i livelli: persone anziane, adulte, uomini e donne, e una marea di bambini, che festeggiavano,
che gridavano, che esultavano. La conclusione, poi, ovviamente spettacolare: oltre
10-15 mila abitanti presenti in questo santuario, il luogo è di per sé un santuario,
perché non c’è una vera e propria chiesa, ma è dove i missionari comboniani, per la
prima volta, avevano piantato la Croce di Cristo. Sono venuti a piedi, camminando
anche per due o tre giorni, pur di essere presenti. Un’accoglienza festosa, molto
bella, alla quale non sono volute venir meno neanche le autorità locali e il presidente
della Repubblica, il quale ha più volte manifestato la gratitudine per l’attività
della Chiesa. La sua stessa presenza, in quella mattinata di domenica – è venuto,
infatti, di proposito proprio per questa celebrazione - ha voluto marcare questa atmosfera
di festa e il riconoscimento da parte del governo anche dell’attività della Chiesa
stessa. Dunque direi che è stata una presenza molto, molto significativa e molto bella.
C’è stato poi un ringraziamento particolare, perché mi hanno detto che era la prima
volta che una personalità della Chiesa visitava la loro area e si sentivano estremamente
onorati anche della presenza anche del prefetto di Propaganda Fide.