Il direttore del Gemelli, Guizzardi: i tagli alla sanità mettono a rischio il nostro
servizio
Preoccupazione per i bilanci più che per le persone, in questo caso i malati. E' la
tendenza attuale constatata questa mattina, nella Messa celebrata presso la Asl Roma
3 di S. Spirito in Sassia, dal cardinale Zygmunt Zimowski, presidente del dicastero
degli Operatori Sanitari. In effetti la crisi, con i tagli e tasse imposte dallo Stato
per far quadrare i conti e rispettare gli impegni presi a livello europeo, sta influendo
drasticamente sul settore della sanità. A farne le spese è anche il Policlinico Gemelli,
che già soffre per un credito di oltre 800 milioni di euro che l’ospedale vanta verso
la Regione Lazio. Secondo quanto contenuto nei Decreti n. 348 e 349, il taglio è rappresentato
da una cifra che incide pesantemente sul budget del polo d’eccellenza romano e mette
a rischio i servizi erogati e l’avvio di nuove attività assistenziali. Eliana Astorri
ne ha parlato con il direttore del Policlinico Gemelli, Maurizio Guizzardi:
R. – Dal punto
di vista meramente economico, la situazione è abbastanza grave, come anche la stampa
ha riportato in questi giorni, perché comunque esiste un importante e pesante fardello
che viene dal passato, con una montagna di crediti che la Regione non ci riconosce
e rispetto ai quali noi, evidentemente, abbiamo grandi sofferenze. Quindi, a nostra
volta contiano degli indebitamenti e questo genera grandi difficoltà di gestione.
Rispetto a queste difficoltà, noi stiamo cercando di fare la nostra parte, vista la
grave situazione finanziaria del Paese, per ridurre i nostri costi, per cercare di
allinearci ad un quadro di compatibilità. Ma è chiaro che se poi tutti i giorni ci
alzano l’asticella, il rischio è che facciamo fatica a rispettare gli impegni che
ci stiamo assumendo. Comunque: ce la stiamo mettendo tutta.
D. – Ma vista la
situazione, il Gemelli potrà mantenere l’attuale alto livello di prestazioni e assistenza?
R.
– Noi abbiamo approvato un piano strategico ambizioso, per mezzo del quale stiamo
tentando un’operazione apparentemente impossibile, che è quella di ridurre i costi
e contemporaneamente sviluppare l’ospedale, aumentare la qualità delle prestazioni.
Credo che possiamo farcela: ci sono le condizioni per farcela, secondo me.
D.
– Nei giorni scorsi, una piccola parte della stampa ha interpretato questo piano come
un percorso del Gemelli verso la privatizzazione. C’è questo pericolo?
R. –
No, assolutamente no. Io credo ci sia molto pregiudizio ideologico nella presa di
posizione che lei cita, perché il tema dell’attività privata occupa due pagine su
un piano strategico di 150, dove invece si parla d’altro. Quindi, anche quantitativamente,
visivamente non è così. Noi vogliamo essere, continueremo a essere un ospedale che
rende un servizio pubblico importante che vogliamo migliorare, accrescere. Vogliamo
aumentare la complessità della casistica, essere un ospedale sempre più di riferimento
– se possibile – per Roma, il Lazio e per tutto il Paese. Poi, però, abbiamo anche
preso atto del fatto che in questo Paese esiste una grande quantità di spesa sanitaria
privata, che i cittadini pagano direttamente o attraverso le assicurazioni e così
via. Ma questo è un fenomeno che già c’è, non lo stiamo inventando noi al Gemelli.
E quindi la nostra idea è che possiamo partecipare a questa attività perché comunque
- se potessimo disporre anche di questo tipo di finanziamento - tutto questo potrebbe
aiutare l’ospedale pubblico a dare le prestazioni che vengono richieste. Quindi, noi
abbiamo considerato l’attività privata come un contributo allo sviluppo dell’ospedale,
non il contrario: il nostro obiettivo è esattamente l’opposto.
D. – Possiamo
concludere con una battuta, se mi permette: il Gemelli non è dunque un malato grave?
R.
– Il Gemelli è un malato grave, nel senso che ha una malattia piuttosto impegnativa.
Però, secondo me, ha tutte le condizioni per guarire e per stare meglio di prima.
Superata la fase acuta della malattia – e forse questa la stiamo superando – e fatta
anche un po’ di convalescenza, io credo che alla fine sarà un paziente che tornerà
a vivere una vita assolutamente brillante e, compatibilmente con la situazione del
Paese, abbastanza serena, mi auguro. Questo, almeno, è il nostro impegno, il nostro
sforzo.