Siria: l'Iran propone un nuovo piano di pace con la supervisione Onu. Ieri 70 le vittime
Ancora una giornata di scontri ieri in Siria, con almeno 70 vittime; una escalation
di violenza che preoccupa il segretario generale dell’Onu Ban ki Moon, mentre emerge
un nuovo piano di pace dettato dall’Iran che comprende tra l’altro un cessate il fuoco
sotto la supervisione Onu e soprattutto la revoca delle sanzioni internazionali contro
Damasco. Da segnalare, infine, il rapimento di un ingegnere italiano a Latikia, al
confine con il Libano. Sentiamo Marina Calculli:
Alleati e nemici
di Assad si affrettano a proporre piani di uscita dalla crisi. E’ stato infatti reso
noto il progetto che l’Iran aveva proposto a Lakhdar Brahimi il 14 ottobre: la proposta
di Teheran prevede la fine delle violenze sotto la supervisione dell’ONU, nuove elezioni
parlamentari, presidenziali e formazione di un’Assemblea costituente. Al contempo
il quotidiano turco Radikal ha reso noto che Ankara ha proposto alla Russia un piano
di transizione in Siria. L’idea turca prevede un passaggio di poteri entro il primo
trimestre del 2013 dal presidente alla Coalizione nazionale guidata da Khatib. Nel
frattempo il caos continua ad imperversare sul terreno. Ieri, inoltre, è stata resa
nota la notizia del rapimento di un italiano, Mario Belluomo, assieme a due colleghi,
forse russi. La dinamica del rapimento resta oscura mentre nessuna rivendicazione
è stata avanzata. Il vice presidente siriano Farouk al-Charaa ha invece preso per
la prima volta le distanze da Bashar al-Assad, sostenendo che una soluzione negoziata
del conflitto è necessaria, mentre la scelta di perseverare nella lotta militare non
potrà risolvere la crisi. Charaa era stato sospettato di voler defezionare.
In
questo quadro, la situazione umanitaria è sempre più drammatica. Particolarmente colpiti
dal conflitto siriano sono i bambini, che ora vivono anche l’emergenza freddo. Massimiliano
Menichetti ne ha parlato con Andrea Iacomini, portavoce di Unicef-Italia:
R. – Con l’arrivo
dell’inverno, abbiamo accelerato i piani per aiutare i bambini e le famiglie, sia
all’interno della Siria, sia per quelle che sono fuggite a causa della crisi nei Paesi
vicini. L’inverno lo definiamo il "secondo killer" per questi bambini, perché loro
hanno solo vestiti estivi e rischiano di morire assiderati. Drammatico è anche il
sostentamento: mancano i servizi igienici, l’acqua e – lo ripeto ancora – anche i
vestiti caldi sono di difficile reperimento e quindi i bambini, in questa situazione,
sono ancora più fragili.
D. – Voi lavorate anche nei campi profughi fuori
dalla Siria: come state intervenendo?
R. – Stiamo sostituendo le tende, quelle
in cui hanno dormito fino ad oggi, con tende a doppio strato con pavimenti rialzati.
Tutto questo, per cercare di creare condizioni il più possibile vivibili in una situazione
che è molto grave. Intanto, immaginiamo quanto sia difficile riuscire a sopravvivere
giorno per giorno in città come Damasco ed Aleppo, all’interno della Siria, ormai
completamente distrutte, con temperature che scendono anche sotto lo zero. E poi,
anche le zone come la Turchia, la Giordania e l’Iraq sono tutte zone dove naturalmente
l’inverno è molto rigido e dove questi bambini si trovano a dover fronteggiare un’emergenza
umanitaria dovuta al freddo.
D. – Vi muovete anche all’interno della Siria:
ma la situazione è tutt’altro che semplice…
R. – Non dimentichiamo che gran
parte delle agenzie dell’Onu, compresa l’Unicef, si trovano a lavorare in situazione
di personale molto ristretto, con le ong locali che naturalmente ci aiutano. Tuttavia,
in un contesto bellico tutto si fa più complesso. Siamo molto preoccupati per l’escalation
del conflitto: ormai, non si contano più i morti tra i bambini… Speriamo si giunga
al più presto ad una soluzione.
D. – Avete dei dati? Quanti sono i bambini
coinvolti che rischiano di morire?
R. - Non abbiamo un dato ufficiale. Posso
soltanto dire – ed è un dato agghiacciante – che l’Osservatorio dei diritti umani
siriano parla di oltre quattromila bambini morti. Per quanto riguarda i dati a nostra
disposizione, ci sono 1,2 milioni di persone colpite dal conflitto: di queste, oltre
la metà sono bambini. Speriamo quindi al più presto in una soluzione, perché ogni
giorno ci sono più di duemila rifugiati che varcano i confini: la situazione è davvero
complessa.