2012-12-18 16:57:56

L’impegno della Chiesa africana per la pace


Al secondo Sinodo per l’Africa, nell’ottobre 2009, il dibattito si focalizzò su come la Chiesa cattolica del continente possa contribuire a porre le basi di una società riconciliata, più giusta e pacifica. Il Sinodo e Africae Munus, l’Esortazione Apostolica che ne ha raccolto le indicazioni, invitano la Chiesa nel suo insieme ad assumere una posizione chiara ed essere, senza equivoci, «Sale della Terra».

Benché, in passato, gli uomini di Chiesa si siano distinti per il loro impegno imparziale nella risoluzione dei problemi che affliggevano la società, essi lo fecero spesso a titolo individuale. In effetti, agli inizi degli anni '90 - quando le società africane vissero il periodo di transizione, passando da sistemi politici basati sul partito unico al pluralismo politico - esse si rivolsero ai vescovi per essere accompagnate in questo percorso. E i vescovi hanno risposto positivamente all'appello, presidiando le Conferenze Nazionali sovrane – organi preposti all'elaborazione, in chiave democratica, delle nuove norme della competizione politica - al fine di appoggiare la causa della giustizia e della pace. Ricordiamo, per citare alcuni esempi, l'esperienza di mons. Isidore De Souza in Benin, di mons. Ernest Kombo in Congo, di mons Philippe Kpodzro in Togo, e di mons. Laurent Monsengwo in Repubblica Democratica del Congo.

Consegnando l’Esortazione post-sinodale Africae Munus alla Chiesa africana nel suo insieme, il Santo Padre la ha invitata a proseguire sulla strada di queste figure. Il Papa ha esortato tutta la comunità ecclesiale a farsi “strumento efficace di riconciliazione, giustizia e pace” nel continente. Riconoscendone la vitalità ecclesiale, Benedetto XVI assegna alla Chiesa che è in Africa un ruolo sociale maggiore nella “costruzione di un’Africa riconciliata”, nella quale possano regnare la pace e l’amore. Per far fronte a tale sfida, è stato raccomandato alle Chiese particolari di stabilire piani d’azione concreti e di creare istituzioni appropriate, capaci di formare le coscienze; ed anche di formare laici competenti per una presenza attiva e coraggiosa nel mondo politico, economico e sociale.

Il documento Africae Munus non solo raccomanda ai laici di vivere la fede attraverso l’azione politica, ma esorta anche i Pastori ad essere garanti della pace e della riconciliazione nel continente africano, nel quale i focolai di conflitto e i casi di violazione della dignità umana non cessano di moltiplicarsi, e dove in alcuni paesi un islamismo esasperato impedisce ai cristiani di vivere la loro religiosità in serenità.

Come non pensare, in questi tempi di preparazione della Festa di Natale, ai cristiani della Nigeria, del Kenya o della Somalia, e a ciò che potrebbe accadere nel giorno in cui la Chiesa celebrerà la nascita del Principe della Pace? La speranza annunciata nel momento della consegna dell’Esortazione non può essere considerata nella realtà solo una chimera.

Pertanto, è importante che la Chiesa promuova il dialogo tra le religioni, quale attitudine spirituale, affinché i credenti imparino a lavorare insieme in seno alle associazioni impegnate a promuovere la pace e la giustizia, con fiducia e sostegno reciproci.
A questo scopo, Africae Munus invita i laici cattolici a favorire il dialogo e la collaborazione con i seguaci delle altre religioni, ed essere così testimoni di fede e di vita cristiana.

Come accadde in passato, quando i dirigenti africani fecero appello a esponenti della Chiesa per aiutarli a uscire dalla crisi politica, ancora oggi i popoli africani sono consapevoli del fatto che la Chiesa è segno di speranza. Una speranza che può non solo condurli alla risoluzione dei conflitti, ma anche accompagnarli verso l’avvento di un ordine sociale giusto.

In effetti, un anno dopo la pubblicazione di Africae Munus i vescovi africani possono trarre un bilancio positivo, sebbene limitato, di azioni che vanno in questa direzione: la Chiesa della Nigeria, ad esempio, attraverso esortazioni e gesti concreti, sta sostenendo i cristiani nel non scoraggiarsi dinanzi all’avanzamento del fondamentalismo islamico e di non entrare nel circolo vizioso della violenza.

I vescovi della Repubblica Democratica del Congo hanno incontrato recentemente i membri del Movimento M23; il 19 settembre 2012 hanno celebrato una messa speciale nella parrocchia di S. Aloïs di Rutshuru (una zona occupata da questo gruppo ribelle), denunciando la guerra ingiusta e illegittima, e sostenendo l’unità del Paese e del popolo congolese.

Dopo la divisione del Sudan in due Stati autonomi, i vescovi hanno risposto mantenendo una Conferenza Episcopale unica per le due nazioni: un gesto di solidarietà verso i cristiani che vivono in Sudan, considerati come “Chiesa minoritaria che ha bisogno dei fratelli del Sud per restare in vita”.

Come raccomandato da Africae Munus, la Chiesa che è in Africa sente la necessità di esser presente laddove si prendono le grandi decisioni concernenti l’avvenire del popolo africano. Essa auspica di ottenere una rappresentanza, in quanto Simposio delle Conferenze Episcopali d’Africa e Madagascar, presso l’Unione Africana e nell’ambito di altri organismi esecutivi regionali e nazionali.
I vescovi si augurano ugualmente di poter partecipare in maggior misura alle riunioni organizzate sul continente, o altrove, per promuovere la risoluzione dei conflitti.

La grande sfida che la Chiesa deve assumere in Africa, affinché le sue azioni possano portare frutti in abbondanza, è di essere protagonista e interprete dei mezzi moderni di comunicazione sociale, per far intendere la sua voce e dare visibilità alle proprie azioni.


A cura di Marie José Muando Buabualo, del programma francese per l’Africa.







All the contents on this site are copyrighted ©.