2012-12-18 12:52:50

Congo: Kabila delude nel discorso sul Nord Kivu. La preghiera della Chiesa per la pace


“Provocatorio e preoccupante”. Così alcune fonti locali dell’agenzia Misna hanno commentato il discorso del presidente congolese Joseph Kabila davanti a deputati e senatori, evidenziando come la popolazione sperasse in un impegno maggiore per arrivare alla pace nel Nord Kivu. Nonostante abbia nuovamente promesso il suo sforzo per la ricerca di una soluzione alla crisi, il capo dello Stato ha nuovamente attaccato il vicino Rwanda e ha illustrato nuovi piani diplomatici, il dispiegamento di forze internazionali neutrali al confine e i primi risultati del dialogo a Kampala con i rappresentanti dell’M23. L’obiettivo del conflitto nell’Est è quello di “accendere focolai di tensione, provocare l’insicurezza per alimentare il caos, scoraggiare gli investimenti e impedire l’attuazione del programma di ricostruzione nazionale. Solo così cercano di giustificare la balcanizzazione del Paese” ha detto Kabila, invitando i cittadini a “superare le divergenze a nome della coesione nazionale per ritrovare il nostro bene più caro: il Congo” e proponendo una “prossima apertura di consultazioni aperte a tutte le forze politiche e sociali”. Nel Nord Kivu, a migliaia di chilometri dal luogo in cui il capo dello Stato ha tenuto il suo discorso, la tensione resta alta. Dopo il ritiro dei ribelli a Goma il 1° dicembre, una fonte della società civile afferma che“sul terreno la situazione rimane incerta e instabile. Ci sono sempre più attacchi armati notturni e furti che ricolleghiamo ai detenuti evasi dal carcere ma anche a miliziani rimasti in zona”. In questo scenario di incertezza, la Chiesa congolese è attiva per ridare sollievo e speranza alla popolazione del Nord del Kivu colpita dal conflitto. Fino al 24 dicembre in tutte le comunità e le chiese della diocesi verrà organizzata la “Novena di preghiera per una pace durevole in Congo e a Goma”. Un’iniziativa che si presenta solidale con “una generazione di bambini e giovani arruolati con la forza da milizie di ogni genere”, con “migliaia di sfollati interni costretti ad affrontare fame, malattie e stupri diventati armi di guerra”. (L.P.)







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