Congo: Kabila delude nel discorso sul Nord Kivu. La preghiera della Chiesa per la
pace
“Provocatorio e preoccupante”. Così alcune fonti locali dell’agenzia Misna hanno commentato
il discorso del presidente congolese Joseph Kabila davanti a deputati e senatori,
evidenziando come la popolazione sperasse in un impegno maggiore per arrivare alla
pace nel Nord Kivu. Nonostante abbia nuovamente promesso il suo sforzo per la ricerca
di una soluzione alla crisi, il capo dello Stato ha nuovamente attaccato il vicino
Rwanda e ha illustrato nuovi piani diplomatici, il dispiegamento di forze internazionali
neutrali al confine e i primi risultati del dialogo a Kampala con i rappresentanti
dell’M23. L’obiettivo del conflitto nell’Est è quello di “accendere focolai di tensione,
provocare l’insicurezza per alimentare il caos, scoraggiare gli investimenti e impedire
l’attuazione del programma di ricostruzione nazionale. Solo così cercano di giustificare
la balcanizzazione del Paese” ha detto Kabila, invitando i cittadini a “superare le
divergenze a nome della coesione nazionale per ritrovare il nostro bene più caro:
il Congo” e proponendo una “prossima apertura di consultazioni aperte a tutte le forze
politiche e sociali”. Nel Nord Kivu, a migliaia di chilometri dal luogo in cui il
capo dello Stato ha tenuto il suo discorso, la tensione resta alta. Dopo il ritiro
dei ribelli a Goma il 1° dicembre, una fonte della società civile afferma che“sul
terreno la situazione rimane incerta e instabile. Ci sono sempre più attacchi armati
notturni e furti che ricolleghiamo ai detenuti evasi dal carcere ma anche a miliziani
rimasti in zona”. In questo scenario di incertezza, la Chiesa congolese è attiva per
ridare sollievo e speranza alla popolazione del Nord del Kivu colpita dal conflitto.
Fino al 24 dicembre in tutte le comunità e le chiese della diocesi verrà organizzata
la “Novena di preghiera per una pace durevole in Congo e a Goma”. Un’iniziativa che
si presenta solidale con “una generazione di bambini e giovani arruolati con la forza
da milizie di ogni genere”, con “migliaia di sfollati interni costretti ad affrontare
fame, malattie e stupri diventati armi di guerra”. (L.P.)