Amnesty International: in Italia, si fermi lo sfruttamento dei migranti in agricoltura
Africani, asiatici, ma anche europei, come bulgari e romeni. Sono i lavoratori migranti
sfruttati nell’agricoltura in Italia, la cui condizione è stata denunciata da Amnesty
International in un rapporto pubblicato ieri. FrancescaSabatinelli:
In Italia, lo
sfruttamento lavorativo dei migranti in agricoltura è grave e diffuso su tutto il
territorio nazionale, sebbene assuma forme diverse a seconda delle regioni. Con l’introduzione
del crimine del caporalato, nel 2011, si è fatto un passo avanti, ma il problema non
è stato risolto. La denuncia di Amnesty International è forte, ma non sorprende, poiché
da anni si conoscono le gravi violazioni dei diritti di lavoro dei braccianti. Paghe
al di sotto di quelle concordate tra le parti sociali, mancati pagamenti degli stipendi,
sono solo alcune delle violenze che queste persone devono subire. Il commento di FrancescaPizzutelli, ricercatrice di Amnesty presso il Segretariato internazionale a
Londra, autrice del rapporto:
In provincia di Latina, un salario minimo
per un bracciante agricolo dovrebbe essere, tolte le tasse, tra i 5,60 euro e i 6,60
euro. In realtà, i braccianti agricoli migranti, vengono pagati circa 3,50 l’ora,
il 60 per cento di quello che spetterebbe loro. Inoltre, i salari vengono pagati in
ritardo, a volte soltanto parzialmente, e i lavoratori sono costretti a lavorare per
orari lunghissimi, dalle 10 alle 12 ore al giorno. Inoltre, bisogna dire che, soprattutto
in alcune aree, le condizioni abitative sono estremamente precarie. Nell’area di Caserta,
ad esempio, noi abbiamo visto migranti alloggiati in fabbriche dismesse, quindi senza
elettricità, senza acqua. Si tratta di situazioni alloggiative simili a quelle che,
ad esempio, furono denunciate a Rosarno ai tempi della rivolta e che ancora adesso
si trovano in altre parti d'Italia.
Le province di Latina e di Caserta
sono state le aree prese in esame nel rapporto dell’organizzazione che si concentra
sulle varie forme di sfruttamento a danno di questi lavoratori, provenienti soprattutto
da Paesi dell’Africa subsahariana, dall’Africa del Nord e dall’Asia:
Il
caso di Caserta, è un po’ un esempio di quello che succede in molte parti dell’Italia
meridionale. Quello di Latina è un po’ diverso, nel senso che lo sfruttamento dei
migranti lì è meno conosciuto rispetto ad altre aree. Si tratta anche di una popolazione
di migranti che è “meno alla ribalta”, perché la comunità che si trova a Latina è
formata da indiani, non sono migranti africani. Quello che vogliamo far vedere è che
lo sfruttamento esiste sia nelle zone in cui si sa, sia nelle zone in cui il problema
è meno conosciuto.
Amnesty mette sotto inchiesta le politiche migratorie
italiane e denuncia come i datori di lavoro riescano a sfruttare queste persone, a
prescindere che siano regolari o irregolari. In entrambi i casi, il permesso di soggiorno
diviene arma di ricatto. Ancora la Pizzutelli:
Abbiamo due richieste. La
prima è l’abrogazione del reato di soggiorno di ingresso irregolare nel territorio
dello Stato: il cosiddetto reato di clandestinità, introdotto nel 2009. Chiediamo
che venga abrogato perché si tratta, di fatto, di una violazione del diritto alla
giustizia dei migranti irregolari, nel senso che costituisce una barriera tra il migrante
irregolare e qualsiasi istituzione pubblica: se il migrante si trova ad essere vittima
di violenza, o di sfruttamento lavorativo, come succede spessissimo, non si può rivolgere
alla polizia, ai carabinieri, o alle istituzioni, perché rischia di essere arrestato
e espulso in quanto, per l’appunto, clandestino. Questa è una situazione inaccettabile
che deve essere cambiata. La seconda richiesta che facciamo al prossimo governo, è
quella di una modifica radicale della politica migratoria italiana perché non funziona.
Viene facilmente abusata, e altrettanto facilmente diventa uno strumento di sfruttamento
dei migranti.