A Roma convegno internazionale su "Religione e spazio pubblico"
Il rapporto tra “religione e spazio pubblico” al centro di un convegno internazionale
in corso ieri e oggi all’Università di Roma Tre. Tra i temi affrontati: il pluralismo
religioso in Paesi di tradizione cattolica, la presenza di simboli legati alla fede
in luoghi pubblici, la libertà religiosa ed il rapporto con la politica. “La laicità
come ideologia” è invece al centro della relazione di Luca Diotallevi, docente
di sociologia a Roma Tre. Paolo Ondarza lo ha intervistato:
R. - La laicità,
quando si afferma, tende a negare l’esistenza di una soluzione diversa dalla propria.
E’ una forma di assolutismo.
D. - E quanto è diffusa oggi?
R. - Dal
punto di vista globale, assai poco. Il problema, però, è che il suo punto di forza
è molto vicino a noi: si trova in Francia. Le élite dell’Europa continentale sono
l’ultimo fortino della ideologia della laicità. Per questo, pur essendo una
cultura e un sistema istituzionale in declino, noi siamo molto esposti alla sua influenza.
D. - Ma esiste una laicità positiva?
R. - No, non esiste! Spesso noi
chiamiamo erroneamente “laicità positiva” quella che è la libertà religiosa, ovvero
l’idea che si possa fondare uno spazio pubblico nel quale le religioni non sono solo
ammesse, ma di questo spazio pubblico sono riconosciute come pilastri, ovviamente
nel rispetto dell’ordine pubblico.
D. - Solitamente intendiamo “laicità” non
come qualcosa di negativo e parliamo di laicismo per definire quella che lei sta definendo
laicità…
R. - Questo è un segno della grande vittoria del laicismo: riuscire
cioè ad accreditare di sé un’immagine accettabile.
D. - La laicità come ideologia
è quella che vorrebbe vietare i simboli religiosi negli spazi pubblici o, visto che
siamo a Natale, la celebrazione di feste legate al cristianesimo - ad esempio - all’interno
delle scuole …
R. - E’ quella che vorrebbe negare la varietà. La laicità è
la pretesa di omologazione del sociale a un solo modello.
D. - Come negare
la varietà in un contesto come quello italiano, profondamente mutato negli ultimi
anni, dove cresce la presenza di religioni diverse da quella cattolica?
R.
- Privatizzando le differenze: lasciando lo spazio pubblico sotto il dominio di alcuni
poteri che hanno la forza di presentarsi come neutrali - anche se noi sappiamo che
nessun potere è neutrale - relegando in ambiti soggettivi e domestici l’esercizio
di queste differenze. Quindi impoverendo la società: la laicità è una grande forma
di impoverimento culturale.
D. - Oggi quanto è diffusa tra la gente l’idea
che la religione debba essere relegata nel privato?
R. - E’ interessantissimo
osservare che è molto più diffusa nelle idee delle persone che nella pratica delle
persone. Spesso le persone si portano dietro quando acquistano, quando scelgono l’educazione
per i figli, quando votano, quando esprimono le proprie convinzioni profonde, portano
in pubblico le loro convinzioni religiose. Interrogati, però, in astratto su quale
sia l’ambito della religione, una quota molto maggiore dice: “il privato”. La realtà
è migliore di quella che sembra.
D. - Si ha, forse, paura di essere giudicati
retrogradi?
R. - Il problema è che se uno afferma questi principi, si trova
immediatamente contro l’elite culturale di questa nostra vecchia Europa
continentale francese, tedesca, spagnola e italiana.