Strage Usa. Obama:"Non stiamo facendo abbastanza per la sicurezza dei nostri bambini"
Gli Stati Uniti rimangono sotto shock per la strage alla scuola di Newtown, nel Connecticut,
dove ieri si è recato anche il presidente Barack Obama. Massimiliano Menichetti:
"Non stiamo
facendo abbastanza per la sicurezza dei nostri bambini" e "questo non è tollerabile".
Così il presidente statunitense Barack Obama alla veglia interreligiosa per commemorare
le vittime della Sandy Hook Elementary School. ''Non possiamo accettare questi eventi
come routine'' ha sottolineato tra la commozione ed il dolore dei parenti delle vittime,
che ha anche incontrato in forma privata. Il Capo della Casa Bianca ha evidenziato
la fede e l’amore quali risposte, della piccola comunità, all'orrore che l’ha segnata
per sempre, strappandole venti bambini e sei adulti. E proprio Obama davanti all’elenco
delle vittime si è commosso, interrompendosi durante la lettura dei nomi, come lui
tantissime persone in sala. Il presidente ha anche promesso il massimo impegno per
“prevenire altre tragedie come questa''. Il fatto rimane tutt’ora inspiegato. Non
si conosce perché il killer suicida, Adam Lanza, abbia fatto irruzione nella scuola
elementare, sparando centinaia di colpi, dopo aver ucciso sua madre alla quale aveva
rubato le armi.
La tragedia nella scuola statunitense ha rinnovato l’annoso
dibattito sulla facilità di accesso alle armi negli Usa, ma a prevalere, in queste
ore, sono il dolore per i tanti bambini rimasti uccisi e l’ammirazione per le maestre
che hanno sacrificato la vita per salvare i loro alunni. Proprio su questa straordinaria
testimonianza di amore di fronte al male, abbiamo intervistato Eleonora Mosti,
segretario nazionale dell’Aimc, Associazione Italiana Maestri Cattolici Connecticut:
R. – Quando
entriamo in aula, entriamo anche nel vissuto di questi nostri bambini, di questi nostri
alunni, e quindi anche la relazione che iniziamo con loro comporta una dedizione totale.
Ora, di fronte ad un male così eccessivo rimaniamo sempre sgomenti: come ha detto
il Santo Padre, è un evento così insensato e scioccante che ci lascia attoniti. Nello
stesso tempo, da questo male dobbiamo anche ricavare il bene, questo bene che ci porta
a riflettere sulla scuola.
D. – Quello che colpisce dalle testimonianze raccolte
in quei momenti terribili, è la straordinaria naturalezza con la quale queste maestre
– anche giovanissime – hanno dedicato la vita, sacrificandola, per questi bambini
…
R. – E’ proprio perché si entra in un mondo, il mondo dei nostri ragazzi
e bambini! Un mondo fatto di cuori, di storie, di vissuti che in qualche modo sentiamo
di dover proteggere. Per cui, viene naturale fare come ha fatto una delle insegnanti,
che li ha chiamati “i suoi sedici angeli”, nella sua classe: è vero! Abbiamo questo
senso materno, che poi più che un senso materno è un senso di protezione. Fino a dar
la vita.
D. – Un cristiano si interroga anche su questo: ritorna, in fondo,
la domanda di Auschwitz: dove era Dio, in questa situazione?
R. – Dio, noi
lo abbiamo abbandonato, e queste stragi sono anche un risultato di questa visione.
Dobbiamo rientrare nel rapporto con Dio. Ma siamo noi ad abbandonare Dio, perché Lui
non ci abbandona mai, ed ecco che Lui è entrato anche in questa storia così tragica,
proprio tramite l’atto eroico di una persona che diventa strumento di Dio e del bene
– in questo caso – grazie alla prontezza e al coraggio della preside, dell’altra insegnante,
così giovane – aveva solo 27 anni, che ha nascosto i bambini negli armadi, con grande
prontezza e lucidità … Ecco, credo che l’intervento divino abbia sempre l’ultima parola
…