Praticare la giustizia per accogliere l'amore di Dio: così il Papa nella parrocchia
di San Patrizio
Occorre cambiare condotta di vita, praticare la solidarietà e la giustizia per prepararsi
ad accogliere l’amore di Dio che dà la vera gioia: è l’invito lanciato da Benedetto
XVI durante la Messa della terza Domenica d’Avvento presieduta stamani nella parrocchia
di San Patrizio al Colle Prenestino, un quartiere alla periferia orientale di Roma.
Calorosa l'accoglienza. Prima della celebrazione il Papa ha salutato i sacerdoti,
i diaconi, i chierichetti e le famiglie della parrocchia benedicendo i bambini.
Benedetto
XVI, nell’omelia, ha ricordato che questa terza domenica di Avvento viene chiamata
domenica «Gaudete», in quanto la Liturgia invita alla gioia. “L’Avvento – ha detto
- è un tempo di impegno e di conversione per preparare la venuta del Signore, ma la
Chiesa oggi ci fa pregustare la gioia del Natale ormai vicino. In effetti, l’Avvento
è anche tempo di gioia, perché in esso si risveglia nei cuori dei credenti l’attesa
del Salvatore, e attendere la venuta di una persona amata è sempre motivo di gioia.
Questo aspetto gioioso è presente nelle prime due Letture bibliche di questa domenica.
Il Vangelo invece corrisponde all’altra dimensione caratteristica dell’Avvento: quella
della conversione in vista della manifestazione del Salvatore, annunciato da Giovanni
Battista”.
La prima Lettura – ha sottolineato - è un invito insistente alla
gioia. “Il brano inizia con l’espressione: «Rallégrati, figlia di Sion… esulta e acclama
con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme» (Sof 3,14), che è simile a quella dell’annuncio
dell’angelo a Maria: «Rallégrati, piena di grazia» (Lc 1,26). Il motivo essenziale
per cui la figlia di Sion può esultare è espresso nell’affermazione che abbiamo appena
ascoltato: «il Signore è in mezzo a te» (Sof 3,15.17); letteralmente sarebbe «è nel
tuo grembo», con un chiaro riferimento al dimorare di Dio nell’Arca dell’Alleanza,
posta sempre in mezzo al popolo di Israele. Il profeta vuole dirci che non c’è più
alcun motivo di sfiducia, di scoraggiamento, di tristezza, qualunque sia la situazione
che si deve affrontare, perché siamo certi della presenza del Signore, che da sola
basta a rasserenare e rallegrare i cuori". Il profeta - ha proseguito - "fa capire
che questa gioia è reciproca: noi siamo invitati a rallegrarci, ma anche il Signore
Dio si rallegrerà per la sua relazione con noi; infatti, il profeta scrive: «Gioirà
per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia» (v. 17).
La gioia che viene promessa in questo testo profetico trova il suo compimento in Gesù,
che è nel grembo di Maria, la “Figlia di Sion”, e pone la sua dimora in mezzo a noi
(cfr Gv 1, 14). Egli infatti, venendo nel mondo, ci dona la sua gioia, come Egli
stesso confida ai suoi discepoli: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia
in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). Gesù reca agli uomini la salvezza,
una nuova relazione con Dio che vince il male e la morte, e porta la vera gioia per
questa presenza del Signore che viene a illuminare il nostro cammino che spesso è
oppresso dalle tenebre dell’egoismo” e possiamo riflettere - ha aggiunto a braccio
- che Dio non è lontano ma vicino e sta accanto a noi.
Nella seconda Lettura
– ha proseguito - san Paolo invita i cristiani di Filippi a rallegrarsi nel Signore.
Ma perché bisogna rallegrarsi? - si chiede: "Perché «il Signore è vicino!» (Fil 4,5).
Tra pochi giorni celebreremo il Natale, la festa della venuta di Dio, che si è fatto
bambino e nostro fratello per stare con noi e condividere la nostra condizione umana.
Dobbiamo rallegrarci per questa sua vicinanza, per questa sua presenza" e cercare
di capire che Dio è vicino. "Paolo dice con forza in un'altra Lettera che nulla può
separarci dall’amore di Dio che si è manifestato in Cristo. Solo il peccato ci allontana
da Lui, ma questo è un fattore di separazione che noi stessi introduciamo nel nostro
rapporto con il Signore. Però, anche quando noi ci allontaniamo, Egli non cessa di
amarci e continua ad esserci vicino con la sua misericordia, con la sua disponibilità
a perdonare e a riaccoglierci nel suo amore. Perciò, prosegue san Paolo, non dobbiamo
mai angustiarci, possiamo sempre esporre al Signore le nostre richieste, le nostre
necessità, le nostre preoccupazioni, «con preghiere e suppliche» (v. 6). E questo
è già un grande motivo di gioia: sapere che è sempre possibile pregare il Signore
e che il Signore ci ascolta" e "sapere che non respinge mai le nostre preghiere, anche
se non sempre come noi chiediamo, ma risponde. E l’Apostolo aggiunge: «con ringraziamenti»
(ibid.). La gioia che il Signore ci comunica deve trovare in noi l’amore riconoscente.
Infatti, la gioia è piena quando riconosciamo la sua misericordia" e "lo ringraziamo
per quanto riceviamo da Lui ogni giorno. Chi accoglie i doni di Dio in modo egoistico,
non trova la vera gioia; invece chi trae occasione dai doni ricevuti da Dio per amarlo
con sincera gratitudine e per comunicare agli altri il suo amore, questi ha il cuore
veramente pieno di gioia. Ricordiamolo!”.
Il Papa ha quindi osservato come
il Vangelo di oggi ci dica “che per accogliere il Signore che viene dobbiamo prepararci
guardando bene alla nostra condotta di vita. Alle diverse persone che gli chiedono
che cosa devono fare per essere pronte alla venuta del Messia (cfr Lc 3,10.12.14),
Giovanni Battista risponde che Dio non esige niente di straordinario, ma che ciascuno
viva secondo criteri di solidarietà e di giustizia; senza di essi non ci si può preparare
bene all’incontro con il Signore". Infine - ha proseguito - "Giovanni Battista indica
chi dobbiamo seguire con fedeltà e coraggio. Anzitutto nega di essere lui stesso il
Messia e poi proclama con fermezza: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che
è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali» (v. 16). Qui
notiamo la grande umiltà di Giovanni nel riconoscere che la sua missione è quella
di preparare la strada a Gesù. Dicendo «io vi battezzo con acqua», vuol far capire
che la sua è un’azione simbolica. Egli infatti non può eliminare, perdonare i peccati:
battezzando con acqua, può solo indicare che bisogna cambiare vita. Nello stesso tempo
Giovanni annuncia la venuta del «più forte», che «vi battezzerà in Spirito Santo e
fuoco» (ibid.). E, come abbiamo ascoltato, questo grande profeta usa immagini forti
per invitare alla conversione, ma non lo fa con lo scopo di incutere timore, piuttosto
lo fa per spronare ad accogliere bene l’Amore di Dio, che solo può purificare veramente
la vita. Dio si fa uomo come noi per donarci una speranza che è certezza: se lo seguiamo,
se viviamo con coerenza la nostra vita cristiana, Egli ci attirerà a Sè, ci condurrà
alla comunione con Lui; e nel nostro cuore ci sarà la vera gioia e la vera pace, anche
nelle difficoltà, anche nei momenti di debolezza”.
Benedetto XVI ha quindi
salutato il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore, il Parroco Don Fabio
Fasciani e tutti i fedeli presenti. “La vostra parrocchia – ha detto - formatasi sul
Colle Prenestino tra la fine degli anni ’60 e la metà degli anni ’80, dopo le difficoltà
iniziali dovute alla mancanza di strutture e di servizi, si è dotata di una nuova
bella chiesa, inaugurata nel 2007 dopo una lunga attesa. Questo edificio sacro sia
pertanto uno spazio privilegiato per crescere nella conoscenza e nell’amore di Colui
che tra pochi giorni accoglieremo nella gioia del suo Natale come Redentore del mondo
e nostro Salvatore. Non mancate di venirlo a trovare spesso, per sentire ancora di
più la sua presenza che dona forza. Mi rallegro per il senso di appartenenza alla
comunità parrocchiale che, nel corso di questi anni, è venuto sempre più maturando
e consolidandosi. Vi incoraggio affinché cresca sempre più la corresponsabilità pastorale
in una prospettiva di autentica comunione fra tutte le realtà presenti, chiamate a
vivere la complementarietà nella diversità. In modo particolare, desidero richiamare
a voi tutti l’importanza e la centralità dell’Eucaristia nella vita personale e comunitaria.
La Santa Messa sia al centro della vostra Domenica, che va riscoperta e vissuta come
giorno di Dio e della comunità, giorno in cui lodare e celebrare Colui che è morto
e risorto per la nostra salvezza e ci chiede di vivere insieme nella gioia di una
comunità aperta e pronta ad accogliere ogni persona sola o in difficoltà. Allo stesso
modo, vi esorto ad accostarvi con regolarità al sacramento della Riconciliazione,
soprattutto in questo tempo di Avvento”.
Si è quindi rallegrato per quanto
si fa nella preparazione dei ragazzi e dei giovani ai Sacramenti della vita cristiana.
“L’Anno della fede, che stiamo vivendo – ha osservato - deve diventare un’occasione
per far crescere e consolidare l’esperienza della catechesi, in modo da permettere
a tutto il quartiere di conoscere e approfondire il Credo della Chiesa e incontrare
il Signore come una Persona viva. Rivolgo uno speciale pensiero alle famiglie, con
l’augurio che possano pienamente realizzare la propria vocazione all’amore con generosità
e perseveranza. E una speciale parola di affetto e di amicizia il Papa vuole dirigerla
anche a voi, carissimi ragazzi, ragazze e giovani che mi ascoltate, ed ai vostri coetanei
che vivono in questa parrocchia. Sentitevi veri protagonisti della nuova evangelizzazione,
mettendo le vostre fresche energie, il vostro entusiasmo e le vostre capacità a servizio
di Dio e degli altri, nella comunità”.
Il Papa ha così concluso la sua omelia:
“La liturgia odierna ci chiama alla gioia e alla conversione. Apriamo il nostro spirito
a questo invito; corriamo incontro al Signore che viene, invocando e imitando san
Patrizio, grande evangelizzatore, e la Vergine Maria, che ha atteso e preparato, silenziosa
e orante, la nascita del Redentore. Amen!”.