2012-12-16 14:55:26

Mons. Canobbio: il cristiano aspetta con fiducia la fine del mondo


Con l'approssimarsi del 21 dicembre si moltiplicano sui mezzi di comunicazione gli articoli dedicati alla presunta “fine del mondo” che, secondo alcuni interpreti del calendario Maya, coinciderebbe proprio con quella data. Al di là della poca serietà della previsione, colpisce il fatto che il 21 dicembre cada proprio nel periodo liturgico dell'Avvento. Una circostanza che si presta a una riflessione, questa volta seria, sulla 'fine dei tempi' secondo la dottrina cristiana. La riflessione di mons. Giacomo Canobbio, docente di teologia sistematica alla Facoltà teologica dell'Italia settentrionale, al microfono di Fabio Colagrande:RealAudioMP3

R. - Mi sembra che queste notizie, che stimolano la curiosità di molte persone, non solo non abbiano alcun fondamento, ma esprimano una specie di desiderio delle persone di dominare il tempo, di controllarlo, perché si accorgono che è l’unica cosa che non si riesce in alcun modo a dominare. L’illusione di poter stabilire una data per la fine del mondo è già stata, in qualche modo, "smagata" da Gesù stesso quando, negli Atti degli Apostoli, i discepoli domandano a Gesù: “Ma è questo il tempo nel quale stabilirai il Regno di Israele?”. La risposta di Gesù è molto chiara: “Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti, perché questo è fissato dal Padre mio”. Così nel Vangelo di Marco, Gesù stesso dice: “Quanto poi a quel giorno o a quell’ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre”, che equivale a dire: “E’ un’illusione quella di poter fissare un momento per la fine del mondo”. La fine del mondo va pensata, invece, come il compimento di tutta la realtà che Dio stesso vuole realizzare; è il compimento proprio perché non è dato, non ci appartiene, lo aspettiamo nella fiducia che quello che Dio dispone per noi non sia distruzione, ma sia piena realizzazione del desiderio di vita che tutti noi portiamo dentro.

D. - Questa presunta fine del mondo coincide per noi credenti con l’Avvento, periodo in cui ci prepariamo a celebrare la festa dell’Incarnazione - il Natale - ma nel quale anche riflettiamo sulla seconda venuta del Signore: il ritorno glorioso, la fine dei tempi. Quale riflessione ci suggerisce, dunque, questo tempo liturgico?

R. - Noi non possiamo attendere di nuovo la nascita di Gesù. Gesù è nato, è morto e resuscitato ed è per questo che noi lo possiamo attendere nello spirito, affinché Egli sia il nostro Salvatore; e lo sia nell’oggi, nella condizione nella quale viviamo. Questa attesa dilata il nostro cuore, affinché ci disponiamo ad accoglierlo, al termine della nostra vita ed al termine dell’umanità. In ultima analisi, quello che ogni persona vive dentro di sé in termini di attesa, non è altro che una rappresentazione simbolica di ciò che l’umanità stessa è in attesa di poter ricevere come dono. Il dono che riceviamo è precisamente la Salvezza, e la Salvezza non è altro che il termine sintetico per indicare la pienezza dell’esistenza del singolo e dell’umanità. Non stiamo ad attendere il Messia che viene nel giorno del Natale, stiamo attendendo il Signore presente continuamente, che realizza per noi e per l’umanità intera il destino che Dio ha pensato per noi, che ripeto è la pienezza della vita.

D. - Come dobbiamo guardare, però, alla seconda venuta di Gesù Cristo, a questa fine dei tempi, che fa parte della nostra fede…

R. - Se ci mettiamo nella prospettiva che il Signore è il Salvatore, dobbiamo aspettarlo con fiducia. Questo non vuol dire che, allora, possiamo vivere superficialmente. Quindi, anche la dimensione del giudizio va tenuta presente, tuttavia, non nella prospettiva della minaccia, ma piuttosto in quella del confronto: “Io sto corrispondendo alla salvezza che il Signore Gesù vuole donarmi e mi dona ogni giorno?”. In questo senso, mi pare che la prospettiva si sposta sul rapporto che il credente ha con il Signore: è un rapporto nello stesso tempo purificatore - ecco il senso del giudizio - e che porta a compimento. La fine del mondo non la possiamo prefigurare. Sicuramente, questo mondo è fragile, lo vediamo continuamente, anche dal punto di vista fisico e biologico, ma questo non vuol dire che ci sarà una distruzione catastrofica. Da quello che possiamo cogliere nella Scrittura, sarà una trasformazione in un mondo corrispondente al desiderio che Dio ha messo dentro di noi.







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