"Prima le mamme e i bambini": l'impegno del Cuamm per l'Africa
In molte zone del mondo, ancora troppe donne muoiono di parto, e i loro figli sono
i primi a subire le conseguenze di questa drammatica perdita. "Prima le mamme e i
bambini", è il progetto della Ong Medici con l'Africa – Cuamm, pensato per garantire
un parto sicuro alle donne africane e l’assistenza ai neonati. Un bilancio del primo
anno è stato presentato all'Università Cattolica del Sacro Cuore, a Roma. Per noi
c'era Davide Maggiore:
Angola, Etiopia,
Tanzania e Uganda sono i Paesi coinvolti nel progetto. Qui i tassi di mortalità materna
sono tra i più alti al mondo: in Angola per dare alla luce il proprio figlio muoiono
14 donne su 1000, in Etiopia 7, in Uganda 5, in Tanzania 9. In questi contesti i “Medici
con l’Africa” del Cuamm collaborano con le diocesi e i governi locali a favore delle
future mamme, garantendo formazione del personale, disponibilità dei farmaci, parti
assistiti e gratuiti. In questo impegno ha un ruolo importante anche la fede cristiana.
Lo spiega don Dante Carraro, direttore del Cuamm:
"Il Vangelo ci
dice: 'E’ il Dio con noi', allora quel con per noi diventa il
motore principale, il carburante necessario, la spinta propulsiva che ci anima, che
ci sostiene in ogni difficoltà, quelle grandi e quelle piccole".
E dell'essere
con l'Africa il Cuamm ha fatto un punto fermo. Ascoltiamo ancora don Carraro:
Questo
programma non vogliamo farlo da soli. Primo perché sarebbe impossibile, ma secondo
anche perché è solo mettendo insieme le risorse che si riesce ad aggredire questo
problema. Noi non andiamo lì a fare qualcosa per loro, ma andiamo
lì a fare qualcosa insieme a loro: camminando ragionando, affrontando
le difficoltà, pensando al futuro con loro.
Dopo
il primo dei cinque anni previsti per il progetto sono già stati raggiunti risultati
significativi: sono stati oltre 20 mila i parti assistiti, e 40 mila le visite pre-natali.
Lo spiega il dottor Giovanni Putoto, responsabile della programmazione di “Medici
con l’Africa – Cuamm”, che si concentra anche sulle priorità future:
"Bisogna
continuare ad aumentare il numero dei parti assistiti, facilitare l’accesso soprattutto
alle donne delle famiglie più povere: bisogna individuarle, convincerle, sostenerle.
Il punto è quello di rafforzare ulteriormente la qualità delle prestazioni, perché
in tutti i posti del mondo, la donna che partorisce sa valutare molto bene se riceve
un’assistenza di qualità o meno".
Nel progetto – che coinvolge quattro
ospedali diocesani e 22 centri di salute nei diversi Paesi - è importante il ruolo
delle Chiese locali, come testimonia mons. Giuseppe Franzelli, vescovo di Lira
in Uganda:
"L’ospedale diocesano di Aber è nato dall’opera dei missionari.
In questo senso si è inserito il Cuamm, per rafforzare quest’opera di salute. Per
noi è la continuazione dell’evangelizzazione nella Chiesa, l’opera di Cristo che si
prende cura di tutto l’uomo, anima e corpo".
Fornire assistenza sanitaria
è anche agire a favore dello sviluppo dei paesi interessati. A sottolineare questo
nesso è mons. Robert Vitillo, officiale di Caritas Internationalis:
"Un
nesso molto stretto: bisogna non solo concentrare i servizi sanitari nei centri sanitari;
però anche andare nella comunità. Bisogna educare la gente alla base della comunità
ed anche formare gli agenti sanitari nella comunità, per identificare i problemi più
gravi".