2012-12-13 20:27:20

In crescita il numero degli immigrati nel Lazio: ancora insufficiente l'integrazione sociale


Aumentano gli immigrati regolari nel Lazio e la provincia di Roma si conferma un polo di attrazione, nonostante gli effetti della crisi soprattutto sull'occupazione. Età media 37 anni, per lo più donne e di provenienza europea, con in cima la Romania. Sono alcuni dati della IX edizione dell’Osservatorio romano sulle migrazioni presentata da Caritas e Camera di commercio. Nella regione resta scadente il livello di inserimento sociale, mentre migliorano le politiche per la salute. Il servizio di Gabriella Ceraso:RealAudioMP3

Crescono i flussi migratori nel Lazio, anche se in maniera contenuta, e a pesare ancora una volta è la crisi. 511 mila dei 615 mila regolari della regione scelgono di abitare e lavorare nella capitale, per lo più nel quadrante est: quartieri Casilino, Prenestino, Torpignattara. L’occupazione tra loro, per il primo anno, cala - se pur di poco - circa sei mila unità e comunque meno che a livello nazionale e nel solo lavoro dipendente; regge, invece, quello autonomo e meglio che in Italia. Più resistenza, dunque, per gli stranieri se pur meno qualità lavorativa; sottolinea Ginevra de Maio, curatrice del rapporto:

La crisi ha aumentato ulteriormente le differenze nell’inserimento lavorativo, nel senso che: ancora più di prima, gli immigrati lavorano soprattutto nelle mansioni con qualifiche più basse, per esempio, nell’area dei servizi, nell’edilizia e in parte nel commercio. È evidente se guardiamo i titoli di studio: il 50% dei lavoratori stranieri hanno un diploma superiore e questo vale anche tra i laureati, il 35%.

A preoccupare, dunque, più che l’occupazione è l’integrazione, che nel Lazio – dice il rapporto – è a livello medio perché c’è attrattiva, ma questa non corrisponde ad un inserimento sociale adeguato ed il sistema di accoglienza, specie per i rifugiati o richiedenti asilo, manca di posti sufficienti e di prospettive risolutive.

Abbiamo ancora adesso dei permessi temporanei che sono nuovamente in prossimità di scadenza e non sappiamo, appunto, se ci sarà un'ulteriore proroga della temporaneità del permesso; oppure, se queste persone all’improvviso si ritroveranno senza il permesso e allo stesso tempo con un’accoglienza che si è per lo più concentrata proprio sulla prima accoglienza. Roma soffre più di altre città perché, ovviamente, molti dei flussi – non solo quelli provenienti dal Nordafrica, ma in generale dei rifugiati – passano da Roma e vedono in Roma la prima città in cui approdare. Un esempio sono le occupazioni o, comunque, le soluzioni abitative spontanee, dove la stima è che vivano complessivamente tra le 1200-1500 persone, che per gran parte o hanno già ottenuto l’asilo e la protezione umanitaria, o ne hanno fatto richiesta. Più del 60% vive in Italia da 4 anni e questo ci dice che c’è qualcosa che, effettivamente, non funziona nel sistema nazionale di accoglienza, che è ancora un po’ disgregato.

Innovative, invece, dal 2011 le politiche laziali per la salute. Ancora Ginevra de Maio:

La regione Lazio, grazie anche alla spinta dal basso, nata dalle associazioni e anche dai servizi sanitari, che si riuniscono da diverso tempo nel Lazio in un gruppo che si chiama Gris (Gruppo immigrazione e salute della regione Lazio), ha messo in atto – tra il 2011 ed il 2012 – un piano formativo, rivolto agli operatori sanitari del pubblico e coinvolgendo in questa formazione quasi 2000 operatori sanitari. È effettivamente un’esperienza abbastanza innovativa, con delle ricadute pratiche molto importanti.

Ma l’appello principale, alla luce dei dati, resta un altro. Mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas Diocesana:

Molti hanno figli che sono nati in Italia e nella maggior parte delle nostre scuole ci sono figli che noi diciamo “stranieri”, ma si sentono romani; e se si sentono romani, dobbiamo considerarli romani. Allora, dal mio punto di vista, credo che la cittadinanza debba esser data a queste persone. Mi sembra che sia un contributo positivo.







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