Studio europeo sulla crisi economica: gravi conseguenze sulle donne
La crisi economica ha conseguenze differenti sugli uomini e sulle donne: più gravi
nel secondo caso, con pesanti ricadute anche sulla gestione della famiglia e sui minori.
Se ne è parlato durante la Convention sulla Piattaforma Europea contro la Povertà
e l’Esclusione Sociale, svoltasi nei giorni scorsi a Bruxelles. Un evento nel quale
è stato presentato un particolare rapporto che ha preso in esame 33 Paesi, sviluppando
il tema delle differenze di genere nella crisi. Ma quanto il ruolo della donna nella
società può essere la chiave di volta per uscire dalla situazione di stallo economico
che vive il Vecchio continente? Il nostro inviato a Bruxelles, Salvatore Sabatino,
ha girato la domanda a Marcella Corsi, docente di Economia politica alla Sapienza
ed autrice dello studio:
R. – Non solo
ci credo, ma lo spero. Nel senso che chiaramente le donne in moltissimi Paesi europei,
adesso parlo in particolare dell’Italia, sono un "giacimento" inesplorato, tutto da
utilizzare, non soltanto per la crescita del Paese – a me il termine “crescita” lascia
sempre un po’ qualche residuo negativo nella mente – ma per l’aumento del benessere
dei nostri cittadini. Questo vuol dire coinvolgere di più le donne sul piano lavorativo,
coinvolgerle meglio. A Bruxelles, si è più volte invocata quasi una rivoluzione dei
tempi di lavoro che dia alle donne la possibilità di lavorare in modo diverso e possibilmente
anche migliore. Quindi, definire il target di produzione non in termini di ore di
lavoro svolte, ma di qualità di lavoro prestato, con le modalità con le quali ovviamente
ogni singolo soggetto può prestarlo nel modo migliore.
D. – Anche perché le
donne, spesso, riescono a svolgere molte attività contemporaneamente, e questo potrebbe
essere un ulteriore elemento di arricchimento per sconfiggere la crisi…
R.
– Sì, spesso e volentieri riescono a fare le cose meglio e contemporaneamente. L’importante
è non vincolarle a una presenza a volte magari ingiustificata dalle 8 di mattina alle
8 di sera. Se ci sono tempi vuoti in queste 12 ore di lavoro - perché ormai spesso
e volentieri si parla di 12 ore di lavoro - tanto vale che queste donne possano utilizzare
questo tempo in modo flessibile garantendo un determinato prodotto. Questa, in qualche
modo, è la rivoluzione dei tempi di lavoro di cui si stava parlando prima. Quindi,
per tornare alla sua domanda: sì, non solo lo credo, lo spero e credo in ogni caso
che le donne debbano far maturare a pieno quello che gli economisti chiamano il loro
“capitale umano”. Credo che, in pratica, le donne possano far valere a pieno le loro
conoscenze, le loro competenze. Che le donne abbiano conoscenze e competenze è provato
da tutte le statistiche sull’istruzione e in generale sulla letteratura. E’ ora, e
spero che questa crisi possa essere l’occasione, per metterle in campo a tutto tondo,
per garantire un’effettiva rinascita delle nostre economie ma soprattutto delle nostre
società.