Siria: ieri oltre 300 morti. Gli Usa pronti a riconoscere l’opposizione
Quella di ieri è stata, probabilmente, la giornata più sanguinosa dall’inizio della
guerra in Siria, con quasi 300 morti. Una strage di alawiti, fedeli al presidente
Al Assad, è stata compiuta nel villaggio di Aqrab, nella provincia di Hama, mentre
a Damasco carri armati presidiano gli obiettivi sensibili, dai palazzi del potere
all’aeroporto. Intanto gli Stati Uniti si sono detti pronti a riconoscere formalmente
i gruppi dell'opposizione siriana come rappresentanti legittimi del Paese. Il servizio
è di Marina Calculli:
E prima degli
Stati Uniti, era stata l’Unione Europea – ieri – a riconoscere la coalizione nazionale
siriana, guidata dallo sceicco al-Khatib, come legittima rappresentante della Siria.
Oggi, invece, gli "Amici del popolo siriano", riuniti a Marrakesh potrebbero compiere
lo stesso passo. Ma riusciranno le varie anime dell’opposizione a ricompattarsi, parlando
ad una sola voce? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Stefano Torelli,
analista dell’area mediorientale per Equilibri.net:
R. - In questo
particolare momento - sia per dare l’immagine di un’opposizione effettivamente coesa,
sia per motivi effettivi e pratici, quindi la necessità di avere un fronte unito contro
quello che ancora oggi è il nemico comune, il regime di Bashar al Assad - è ipotizzabile
e anche probabile che l’opposizione riesca, almeno di facciata, a parlare con una
sola voce. Naturalmente sarà, poi, da vedere cosa succederà nel momento in cui questa
situazione di stallo, che c’è attualmente, potrà finire: quindi se l’opposizione attualmente
coesa rimarrà tale oppure se - come purtroppo si presuppone - nasceranno e anzi diventeranno
evidenti le differenze interne che già ci sono.
D. - La Russia continua -
da parte sua - a sostenere Assad e critica, invece, la mossa europea. Quanto incide
la posizione così netta di Mosca sugli equilibri internazionali che si muovono intorno
alla Siria?
R. - Da Mosca passa un po’ la soluzione o comunque l’inizio di
una soluzione della questione siriana. Quindi il fatto che la Russia continui a ritenere
Assad il legittimo governatore del Paese e sembra che - chiaramente questi sono rumors
non ufficialmente confermati - continui anche a dare un sostengo e un appoggio materiale
in termini economici, in termini - secondo alcune fonti - addirittura militari, chiaramente
questo fattore continua a determinare questo stallo della situazione.
D. -
Intanto i combattimenti proseguono e il numero dei rifugiati nei Paesi vicini è salito
quasi a due milioni e mezzo. Il flusso in continuo aumento rischia di destabilizzare
l’intera area, ma quali sono i Paesi più a rischio in questo momento?
R. -
Sappiamo che una delle frontiere più calde o comunque delicate è quella con la Turchia.
Allo stesso tempo, però, la Turchia - rispetto ad altri Paesi vicini o limitrofi della
Siria - sembra anche poter far fronte meglio a questa emergenza. Io direi che sicuramente
il Libano e la Giordania sono, forse per ragioni diverse, i due Paesi più a rischio.
Il Libano, in particolar modo, rischia veramente di “importare” gli effetti della
crisi siriana sul proprio territorio e chiaramente la presenza massiccia di profughi,
che scappano dal conflitto siriano, non può che essere un elemento di minaccia in
più per la stabilità del Paese.