2012-12-12 14:26:38

Siria, sconvolta da attentati. Il disaccordo Onu impedisce intervento della Corte penale internazionale


Violenza senza tregua in Siria. Tre esplosioni in serata hanno colpito la sede del ministero dell'Interno a Damasco. Secondo la tv di stato ci sarebbero vittime, ma il numero resta ancora incerto. Intanto il Gruppo dei Paesi amici della Siria, Paesi arabi e occidentali ostili al regime, hanno formalmente dichiarato oggi l'opposizione riunita nella Coalizione nazionale come ''unica legittima rappresentante'' del popolo siriano. Il servizio di Marina Calculli: RealAudioMP3

Tre esplosioni di fronte all’ingresso del Ministero dell’Interno a Damasco hanno aperto un’altra pagine del terrore in Siria. L’agenzia governativa SANA, che ha riportato la notizia, ha specificato che una delle tre esplosioni è stata causata da un’autobomba, ma non ha indicato se ci siano stati o meno feriti e vittime. Nella mattinata di oggi altre due autobombe erano esplose nei sobborghi mediorientali della capitale. Intanto dalla diplomazia internazionale giunge un ennesimo colpo duro per Assad: anche il gruppo di paesi cosiddetti Amici della Siria, riuniti a Marakesh, hanno riconosciuto oggi la Coalizione nazionale guidata dallo Sceicco al-Khatib come l’unica autorità legittima della Siria. Washington che ha appena indipendentemente riconosciuto la Coalizione, ha inoltre invitato formalmente il suo leader negli Stati Uniti. Quasi come una risposta provocatoria, oggi intanto il procuratore generale a Damasco ha emesso un mandato di cattura per Saad Hariri, leader sunnita della coalizione parlamentare libanese ostile al regime di Assad. L’accusa è quella di aver fornito armi ai ribelli.


E in molti si chiedono perché la Corte penale internazionale (Cpi) non intervenga di fronte a questi crimini e all’evidente violazione di diritti umani. Giancarlo La Vella ne ha parlato con il vicepresidente della Corte, il giudice Cuno Tarfusser, oggi a Roma per una conferenza sulle prospettive future dell’organismo di giustizia internazionale:RealAudioMP3

R. – C’è chi vorrebbe una giustizia forte e chi meno invadente. Io posso dire, da parte mia, che sono orgoglioso di essere in questa struttura, che ha una giurisdizione e un occhio attento sul mondo, e cerco di dare il mio contributo per farla crescere. Sta poi ad altri giudicare. Evidentemente, la politica ha una voce molto condizionante anche su questa struttura: si capisce che dietro ciò che facciamo c’è tutto un mondo molto articolato. Però, è una sfida straordinaria e io sono molto orgoglioso di farne parte.

D. – Come vede l’impossibilità di intervenire in una realtà così drammatica come quella della Siria?

R. – Quella siriana è una questione drammatica che vivo, come tutti, sotto il profilo umano e come cittadino. Come giudice della Corte, devo però attenermi a delle regole e noi non abbiamo giurisdizione su situazioni e su Stati che non abbiano ratificato lo Statuto della Corte. E questo è il caso della Siria. L’unico modo per poter compiere delle indagini in Siria sarebbe attraverso la decisione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che ci riferisse il caso e quindi ci assegnasse la questione con una risoluzione. Questa risoluzione viene, però, dall'inizio della crisi bloccata dalla Russia e dalla Cina. Quindi, come giudice non posso fare altro che prendere atto, con rammarico, di questa situazione politica che non permette a noi di operare. Come cittadino, sono ugualmente costernato di fronte a quello che succede.

D. – Come fare a rafforzare l’azione cogente della Corte penale: ad esempio, il mandato di cattura contro il presidente sudanese, al-Bashir, è rimasto lettera morta…

R. – Credo che lo sviluppo della Corte penale internazionale sia un qualcosa che avviene nel tempo, come tutte le cose a livello mondiale. Ci vuole il consenso, ci vuole la rinuncia a un po’ di sovranità: ci vogliono tante cose, che evidentemente non si possono ottenere solo accendendo e spegnendo un interruttore. Già il fatto che la Corte penale esista, è una cosa grandissima: dieci anni fa nessuno ci avrebbe scommesso sull’esistenza oggi di questa Corte e sul suo funzionamento, seppur ancora in maniera imperfetta. Per quanto riguarda la questione al-Bashir: fin quanto il capo di Stato è tale, sarà difficile che qualcuno lo arresti. Io confido, però, che sia soltanto una questione di tempo. Anche di Charles Taylor si diceva che non si sarebbe mai riuscito a catturarlo e adesso, invece, è condannato. Ma io credo che tra qualche anno probabilmente parleremo di questa cosa in termini completamente diversi. Anche di Milosevic nessuno pensava che un giorno sarebbe arrivato davanti al Tribunale dell’ex-Jugoslavi. Così come Karadzic, Mladic e altri. La giustizia è ontologicamente lenta, ma è anche ontologicamente inesorabile.







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