Nuovo golpe in Mali: i militari arrestano il premier Diarra
Si aggrava la crisi in Mali. Nella notte, il primo ministro Cheick Modibo Diarra è
stato arrestato nella sua casa di Bamako da militari agli ordini del capitano Amadou
Haya Sanogò, subito dopo si è dimesso con un discorso in diretta tv. Dura la condanna
dell'Onu che minaccia sanzioni. Il servizio di Cecilia Seppia:
E’ di nuovo
bufera in Mali:il premier Cheick Modibo Diarra ha annunciato le sue dimissioni
e quelle del suo governo in diretta tv, poche ore dopo essere stato arrestato dai
militari, gli stessi che lo scorso marzo, guidati dal capitano Amadou Haya Sanogò,
hanno condotto un golpe nel Paese africano, rovesciando il regime di Tourè. La mossa
arriva il giorno dopo la decisione dei ministri degli Esteri dell’Ue di promuovere
una missione di addestramento militare, destinata ad aiutare Bamako a riprendere il
controllo del Nord, in mano agli islamisti, legati ad al Qaeda. “Il premier è stato
arrestato perché non lavorava nell’interesse della nazione”, spiegano in un comunicato
i militari. Tra l’altro secondo fonti locali il primo ministro stava per partire alla
volta di Parigi, per sottoporsi ad alcune visite mediche. Intanto, l’Alto Rappresentante
per la Politica Estera dell’Ue Catherine Ashton ha chiesto all’esercito di non interferire
nella vita politica del Paese e ha esortato il presidente in carica a nominare presto
un nuovo primo ministro. Dura la condanna della Francia che deplora il colpo di stato
e torna a ribadire la necessità di una forza internazionale per stabilizzare l’area.
Per
un’analisi di quanto accaduto, Cecilia Seppia, ha chiesto un commento ad Anna
Iannello, giornalista, esperta di questioni africane:
R. – Questo secondo
golpe viene dall’insoddisfazione dei militari. Sono molto scontenti, infatti, per
come tutto viene condotto. Loro premono assolutamente per un’azione di forza che liberi
il Mali e temono molto invece l’intervento dei Paesi della comunità africana dell’Ovest,
la Cedeao, che vorrebbero intervenire con un esercito di 3300 persone. Il 22 dicembre
prossimo, l’Onu dovrebbe decidere per questo intervento militare. I tempi, dunque,
spingevano e probabilmente quest’azione di forza dei militari va intesa in questa
direzione: fare pressione ed impedire l’azione dall’esterno.
D. – L’arresto
e le dimissioni di Diarra arrivano il giorno dopo la decisione dei ministri degli
Esteri dell’Ue di promuovere una missione di addestramento in Mali, destinata proprio
ad aiutare Bamako a riprendere il controllo del Nord, che è in mano agli islamisti.
Quindi, questo potrebbe essere stato il movente del colpo di Stato?
R. – Non
solo questo. Ancora più importante, a mio avviso, sono gli incontri che stanno facendo
il gruppo islamista Ansar Dine, il gruppo dei Tuareg, il movimento nazionale di liberazione
dell’Azawad, per cercare di mettere insieme i cocci di questa divisione e trovare
un accordo non militare, ma di dialogo. Secondo me, i militari hanno molta paura del
fatto che si arrivi ad una situazione di pace, che non passi attraverso le armi e
che dia delle concessioni pesanti alle popolazioni del Nord.
D. – Tra l’altro,
proprio questo avanzamento degli islamisti nel Nord preoccupa la comunità internazionale
anche per paura di una islamizzazione di tutto il Mali…
R. – Infatti, quello
che era sul tavolo delle discussioni di martedì scorso, a Ouagadougou, era la questione
della laicità del Paese. Il governo maliano aveva detto chiaramente che questo era
un punto indiscutibile. E questo è un punto importante della discussione, perché Ansar
Dine, che è un movimento molto forte, ma un movimento locale di Tuareg, stava discutendo
proprio del fatto di riunificare il Paese e di quanto fosse possibile ritornare alla
laicità nel Nord.
D. – I militari hanno tenuto a dire che questo non è un golpe,
che il presidente è ancora al suo posto e che il premier Diarra è stato arrestato,
perché di fatto non lavorava nell’interesse della nazione. Vogliamo ricordare che
a marzo il "copione" è stato questo più o meno questo: i militari non hanno spodestato
il governo per prendere il potere, ma per dare una scossa all’esecutivo che era accusato
di non fare niente per la popolazione. Quindi, ci potrebbe essere lo stesso intento
dietro?
R. – Penso che la storia si ripeta in effetti. Adesso, poi, oltretutto,
a breve, il presidente - che rimane presidente - Dioncounda Traorè, dovrebbe nominare
un nuovo primo ministro. Vediamo se poi sarà un primo ministro che in qualche modo
soddisfa di più l’interventismo dei militari. Le due linee restano quelle dei militari
che vogliono intervenire per liberare il Nord del Mali: vogliono farlo loro e non
vogliono assolutamente l’intervento di Francia o degli Stati Uniti. L’altra linea,
invece, è quella dei politici che comunque hanno perso un’enormità di tempo. I partiti
stanno discutendo tra di loro. Secondo me, al Sud, c’è poca percezione dei rischi
del Nord e c’è poca percezione di quanto stiano soffrendo le popolazioni del Nord.
Vorrei ricordare che quasi 500 mila persone, dalle tre regioni del Nord occupate,
hanno dovuto scappare e rifugiarsi nei campi profughi: in Mauritania, Burkina Faso
e in Niger.