Nobel Ue. L'ambasciatrice Argimon Pistre: i valori cristiani hanno plasmato l'Europa
dei diritti
In occasione della consegna del Nobel per la Pace all’Unione Europea, avvenuta ieri
a Oslo, si è svolta una cerimonia nella sede Ue di Roma. Fausta Speranza vi
ha incontrato Laurence Argimon Pistre, capo della delegazione dell'Unione Europea
presso la Santa Sede, alla quale ha chiesto un commento sul prestigioso riconoscimento
concesso all’Europa comunitaria:
R. – C’est un
grand événement… E’ un grande avvenimento. Oggi l’Europa ha 55 anni. E’ un’impresa
che è assolutamente unica nel mondo. Nessun’altra regione geografica ha mai intrapreso
un’avventura così ambiziosa per riuscire nell’impresa.
D. – Il Nobel ha suscitato
anche perplessità e critiche, per esempio sul ruolo dei leader europei attuali, giudicato
troppo debole in questo tempo di forte crisi economica o in relazione alla crisi siriana.
Altri hanno evocato questioni come la vendita o la produzione di armi… Qual è la sua
opinione?
R. – Il est clair que nôtre integration… E’ chiaro che la nostra
integrazione non è perfetta, anzi. Siamo ancora in un cammino che può richiedere ancora
alcuni decenni prima di poter approdare a una reale armonizzazione delle nostre politiche
finanziarie, economiche e sociali. E’ sempre triste constatare che l’Europa sia ancora
uno dei principali esportatori d’armi – almeno alcuni degli Stati europei. Speriamo
che, con questo Nobel per la Pace, le imprese europee prendano sempre più coscienza
dell’importanza di evitare di alimentare le guerre e i conflitti nel mondo.
D.
– In tempo di crisi si parla giustamente di solidarietà. E’ un valore previsto nei
testi fondativi dell’Unione Europea, tuttavia nel contesto attuale vediamo quanto
sia difficile metterlo in atto. Come si può bilanciare allora il bisogno di sostegno
economico da parte di Paesi come la Grecia, con la necessità del rispetto delle regole
che invocano i Paesi del nord Europa, come ad esempio la Germania?
R. – C’est
une question qui est salutaire… In realtà, è salutare, perché per la prima volta
siamo obbligati a riconoscere, da un lato, l’importanza di rispettare le regole e
i principi così come sono stabiliti nei Trattati e, dall’altro, il dovere di coesione
e solidarietà tra gli Stati all’interno dell’Europa. E’ chiaro che, con una moneta
comune, si devono applicare le regole in modo rigoroso. Per quello che concerne la
solidarietà, è un principio che esiste da sempre nell’Unione Europea. Se guardiamo
alla creazione dell’Unione Europea, essa è precisamente basata sul principio che i
Paesi più poveri devono ricevere un contributo dagli altri per arrivare, poco a poco,
a un livello simile. L’idea è quella di raggiungere ciò che in inglese si chiama “level
playng field”, cioè un livello in cui tutti i Paesi poco a poco si integrino in una
zona in cui sono in un sistema di concorrenza uguale. Questo è ciò che è stato fatto
nel passato con i Fondi di coesione, integrando di Paesi meno sviluppati come la Romania
o la Bulgaria e permettendo loro in questo modo di registrare una forte crescita.
Bisogna continuare su questa linea. In effetti, i nostri valori – i valori fondamentali,
i principi fondamentali dell’Unione Europea – sono basati sulla cultura europea e
questa cultura, ovviamente, integra in larga parte le radici cristiane: è fondamentale
che questi valori restino gli stessi, che l’Unione Europea sia veramente capace di
preservare concetti così importanti come la solidarietà, il rispetto dei diritti dell’uomo,
e tutte le nozioni di libertà, come la libertà di espressione, la tolleranza, che
è molto importante, la libertà religiosa, che è un diritto dell’uomo fondamentale.
C’è un largo riconoscimento della libertà religiosa. Credo che ciò che occorra mostrare
ancor più sia la nostra capacità, in quanto europei, di aiutare i Paesi che stanno
cambiando regime – come nel caso della “primavera araba” o in altri contesti – ad
applicare ugualmente questi principi. E’ molto importante, e lo vediamo oggi con i
problemi delle minoranze cristiane. Vediamo, con la guerra in Siria, quali rischi
essa comporti per le minoranze cristiane, ma anche in Egitto, in Africa e in altre
regioni. Quindi, una delle missioni che oggi l’Unione Europea si è prefissata molto
chiaramente in questa nuova strategia dei diritti dell’uomo è di essere particolarmente
vigile sulla questione della libertà di religione e di credo, che copre tutta una
serie di strumenti: si possono applicare sanzioni economiche, commerciali, o rimodulare
la nostra cooperazione con gli Stati partner, se non rispettano questo tipo di libertà.
Spero non si arrivi ad applicarle ma, in ogni caso, i mezzi esistono.