Economia Usa: Obama e repubblicani ancora distanti sul “fiscal cliff”
Negli Usa, si fa sempre più pressante il dibattito sul futuro dell’economia del Paese.
Entro la fine dell’anno, infatti, l’Amministrazione Obama e l’opposizione repubblicana
dovranno trovare un accordo per evitare il “fiscal cliff”, una serie di aumenti automatici
di tasse e tagli alla spesa pubblica che farebbero piombare l’economia americana in
recessione con conseguenze imprevedibili per l’economia mondiale. Sul dibattito in
corso e le posizioni politiche in campo, Alessandro Gisotti ha intervistato
Paolo Mastrolilli, inviato a New York del quotidiano La Stampa:
R. – Il fiscal
cliff è una situazione molto pericolosa per gli Stati Uniti. Potrebbe, infatti, riportare
il Paese in recessione all’inizio dell’anno prossimo, quando scadranno una serie di
agevolazioni fiscali che consentivano agli americani di risparmiare soldi e quindi
anche di spendere di più, ed entreranno in vigore tagli alla spesa automatici che
erano stati decisi nell’estate del 2011, quando non c’era stato l’accordo su come
alzare il tetto per i prestiti che lo Stato poteva prendere. Naturalmente, le elezioni
presidenziali in parte si sono svolte su questi temi e quindi il presidente Obama
è molto fermo sul fatto che per risolvere questa questione - per risolvere, in generale,
la questione del debito americano che è comunque molto alto - bisogna agire sulla
leva delle tasse, facendo pagare di più gli americani più ricchi. I repubblicani hanno
resistito finora a questa richiesta del presidente Obama, che naturalmente poi andrebbe
accompagnata da una serie di tagli di spesa, e quindi i negoziati sono rimasti in
una fase di impasse. Negli ultimi giorni, però, sono iniziati colloqui riservati tra
il presidente Obama e le controparti repubblicane e ci sono segnali che indicano che
forse si sta andando verso un compromesso.
D. – Se non si trovasse un accordo,
sarebbe una catastrofe per l’economia americana ma ovviamente anche per quella mondiale.
C’è questa consapevolezza, oppure le ideologie, le contrapposizioni politiche non
guardano nemmeno a questo scenario drammatico?
R. – C’è la consapevolezza che
gli Stati Uniti probabilmente rientreranno in recessione, perché l’insieme di queste
misure che entrerebbero in vigore costerebbero – secondo alcuni economisti – circa
il 2% all’economia americana. Naturalmente, c’è chi disputa questi dati e dice che
in realtà si può tranquillamente scendere nel fiscal cliff senza trovarsi di fronte
a un disastro. Però, è chiaro che se il problema non viene risolto produrrà problemi
serissimi per gli Stati Uniti e naturalmente per l’economia del resto del mondo. C’è
la consapevolezza e tuttavia anche la pressione ideologica e partitica è molto forte.
Ci sono anche molte fazioni estreme, sia nel campo dei democratici sia in quello repubblicano,
che dicono: “Non facciamo l’accordo, lasciamo che il Paese vada nel fiscal cliff e
quindi si trovi di fronte a questa situazione di crisi e poi gli elettori faranno
pagare all’altra parte il costo di questo disastro, perché la colpa è del nostro avversario”.
La speranza, naturalmente, è che queste tendenze non prevalgano e che alla fine si
riesca a trovare un compromesso ragionevole che eviti guai per tutti.