Ennesima immolazione in Tibet: salgono a 81 dall'inizio del 2012
Ancora un’immolazione in Tibet contro il governo di Pechino e per chiedere il ritorno
in patria del Dalai Lama. Una giovane si è data fuoco a Dokarmo, nella contea di Malho.
Salgono così a 81 le immolazioni dal primo gennaio del 2012 e 95 dal febbraio 2009.
Il servizio di Cecilia Seppia:
Aveva 17 anni e frequentava la scuola
superiore nella contea di Malho, Bhenchen Kyi, la giovane tibetana che ieri sera si
è auto-immolata dandosi fuoco per protestare contro il governo di Pechino e chiedere
il ritorno in Patria della guida spirituale del Tibet, il Dalai Lama. Più di 2 mila
persone si sono poi radunate per commemorare la sua morte inneggiando slogan contro
l'occupazione cinese. Solo sabato altri gesti estremi da parte di due ragazzi di 23
anni nella provincia centrale cinese di Sichuan. Con loro sale ad 81 il numero delle
persone morte in questo modo dall’inizio del 2012, 95 dal febbraio 2009. Intanto in
Cina si registrano forti tensioni e scontri a Shenzen e in altre località del Paese,
in occasione della visita del neosegretario del partito comunista cinese Xi Jinping.
Tremila operai di una stamperia del distretto di Boan in sciopero da venerdì, sarebbero
stati duramente picchiati dalla polizia. Un centinaio le persone ferite, tra cui 5
agenti.
Quello delle immolazioni in Tibet sta diventando un fenomeno drammatico
e una delle più dolorose pagine della storia contemporanea, come afferma padre Antonio
Sergianni missionario del Pime, esperto di questioni asiatiche:
R. - Io penso
che - come dicono le cifre - il problema del Tibet rappresenta una delle tante e dolorose
pagine della storia dei nostri tempi. Ci si augura che i nuovi leader sappiano affrontarlo
non solo dal punto di vista economico, di sviluppo e d’integrazione del Tibet nella
società cinese, ma avendo una maggiore apertura, nel rispetto della storia, della
cultura e della libertà religiosa di quelle popolazioni tibetane, così gloriose e
così ricche.
D. - Le autorità cinesi, hanno, tra l’altro emanato una direttiva
per scoraggiare le immolazioni, in cui si prevedono multe e sanzioni per le famiglie
delle persone che decidono di compiere questo gesto. Parliamo di sospensione dei finanziamenti
per i villaggi, pene per le autorità, laiche o religiose, che permettono la celebrazione
dei funerali, e, addirittura, petizioni contro le auto-immolazioni: per chi si rifiuta
di firmare è previsto il carcere. Quali risultati possono raggiungere queste misure?
R.
- Non credo che queste misure possano ottenere qualche risultato. In genere, le misure
e le sanzioni non riescono a fermare motivazioni così profonde. Lei pensi - ovviamente
in senso opposto - alla pena di morte: ha, forse, ridotto la criminalità nei Paesi
in cui è ancora in vigore? Non sono le sanzioni esterne che risolvono i problemi.
Io ho fiducia, spero e mi auguro che i nuovi leader abbiano un’apertura mentale tale
che permetta loro di vedere la storia di queste popolazioni, gli aspetti religiosi
e culturali. Quindi, non limitandosi soltanto all’aspetto politico immediato e agendo
solo attraverso sanzioni, anche perché le sanzioni non hanno mai convinto nessuno!
D. - Dall’altro lato, c’è l’appello del leader spirituale tibetano, il Dalai
Lama, che più volte ha chiesto ai giovani di rispettare la vita sopra ogni cosa, ma
anche questo appello non ferma questi gesti…
R. - Sì, ha ragione il Dalai Lama.
Se si fa un’analisi un po’ distaccata della situazione, potremmo dire che l’immolazione
può essere un atto violento in risposta ad una violenza: ma violenza con violenza
non porta da nessuna parte.