2012-12-07 18:59:20

Non si ferma la protesta in Egitto. I manifestanti arrivano fino al palazzo presidenziale


Al Cairo, i manifestanti sono riusciti a superare le barricate dell’esercito e sono arrivati fin sotto al palazzo presidenziale, mentre la guardia repubblica continua intanto a difenderne gli ingressi. Nel pomeriggio migliaia di persone si erano messe in marcia per ribadire la protesta contro il presidente Morsi e chiedendone la caduta. Il governo intanto cerca di portare al tavolo del dialogo l’opposizione che continua a rifiutare. Altre migliaia di dimostranti, da parte dei Fratelli musulmani hanno invece dato vita ad una manifestazione a circa due chilometri dal palazzo presidenziale. Intanto nel nord del Paese si registra l’assalto ad una sede del Fratelli Musulmani, con un bilancio di due poliziotti feriti e cinque arresti. Dal Cairo, Giuseppe Acconcia:RealAudioMP3

Prosegue il braccio di ferro in Egitto tra islamisti e forze laiche. I movimenti di opposizione sono scesi di nuovo in piazza oggi. I manifestanti chiedono il ritiro della dichiarazione costituzionale dello scorso 22 novembre con la quale il presidente egiziano Mohammed Morsi ha ampliato i suoi poteri e il congelamento del referendum costituzionale del prossimo 15 dicembre. Dall’altro lato, Fratelli musulmani e salafiti si sono dati appuntamento nella moschea al Azhar per i funerali di due delle sette vittime degli scontri dei giorni scorsi. Ieri sera, in un discorso televisivo, il presidente Morsi aveva invitato l’opposizione al dialogo in un incontro ufficiale previsto per domani. Esponenti dell’opposizione dal premio Nobel Mohammed el Baradei all’ex segretario generale della lega araba, Amr Moussa hanno declinato l’invito. Le accuse reciproche tra forze laiche e islamiche mostrano un paese spaccato in due e sull’orlo di nuove tensioni.

Ma qual è l’atteggiamento di Morsi di fronte alla protesta? Davide Maggiore lo ha chiesto a Marcella Emiliani, esperta di Medio Oriente:RealAudioMP3

R. – Quella di un politico in difficoltà. Infatti, una larga fetta della politica e soprattutto dell’opinione pubblica egiziana non si riconosce in quella bozza costituzionale.

D. – Il presidente Morsi rischia di vedersi deposto dal potere?

R. – Difficile immaginare come lo si possa deporre se non ricorrendo a vecchissimi metodi, ovvero quello del colpo di Stato. Morsi, però, aveva già provveduto a neutralizzare i personaggi dell’entourage militare che sarebbero potuti intervenire a indebolire il suo potere. Le caserme, per ora, stanno a guardare ma nessuno può garantire che non intervengano.

D. – Un altro elemento riportato dalle cronache ieri è l’assalto dato da alcune centinaia di persone alla sede del Partito dei Fratelli musulmani: c’è il rischio di una deriva violenta da parte della piazza?

R. – Assolutamente sì, perché l’opinione pubblica non strettamente confessionale si è sentita tradita due volte. I Fratelli musulmani non sono stati i promotori della rivolta di Piazza Tahrir che ha deposto Mubarak: sono intervenuti dopo alcuni giorni, quando ormai il regime stava subendo grosse scosse. Dopodiché, i Fratelli musulmani – certo, anche con le elezioni, che però sono state invalidate dalla magistratura – si sono impadroniti completamente del potere legislativo, poi esecutivo, poi giudiziario e hanno lasciato pochissimo spazio alle altre forze per esprimersi. Quindi, diciamo che se si continua di questo passo, i Fratelli Musulmani verranno visti come quelli che hanno scippato la rivoluzione e ora la stanno coniugando solo sui propri interessi.

D. – E tuttavia, l’opposizione ancora oggi sembra divisa sulla scelta da fare al momento dell’ormai prossimo referendum costituzionale. Quali sono le prospettive di questo vasto schieramento?

R. – L’opposizione si è unita in un Fronte di salvezza nazionale. Bisognerà vedere se la scelta che verrà fatta sarà quella di astensione dal referendum o se invece si cercherà di aggregare tutto le forze contro Morsi. Certo, comunque la si veda si va ad una spaccatura profonda dell’opinione pubblica e del mondo politico uscito da Piazza Tahrir, che certo non fa ben sperare.

D. – In serata è arrivata anche la telefonata del presidente americano Obama: cosa possono veramente fare, gli Stati Uniti, per risolvere questa crisi?

R. – Poco: essendo gli Stati Uniti il maggiore finanziatore del bilancio egiziano, possono premere però per un’eventuale diminuzione dei fondi da parte degli Stati Uniti ai quali potrebbero sopperire gli Emirati del Golfo …







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