La convention sulla povertà a Bruxelles. La Caritas: i tagli peggiorano la crisi
Chiude i battenti oggi a Bruxelles la Convention della Piattaforma Europea contro
la povertà e l’esclusione sociale. Una tre giorni di confronto tra tutti i protagonisti
della crisi economica che attanaglia il Vecchio Continente; oggi arriveranno i ministri
del lavoro dell’Ue, mentre ieri è toccato alla società civile. Da Bruxelles, ci riferisce
il nostro inviato, Salvatore Sabatino:
La
seconda giornata di lavori alla Convention della Piattaforma Europea contro la povertà
e l’esclusione sociale è stata dedicata a Ong, cooperative sociali e associazioni
hanno fatto sentire la propria voce, evidenziando le difficoltà di azione poste dalla
crisi; difficoltà causate soprattutto dall’insufficienza di fondi necessari a gestire
le emergenze legate alla povertà e all’inclusione sociale. C’è il bisogno, insomma,
di interrompere quel circolo vizioso fatto di recessione, disoccupazione e poverta,
promuovendo modelli di sviluppo che siano differenziati. Perché la difficoltà più
grande riguarda le grandi differenze regionali, che chiedono di interventi ad hoc.
Oggi sessione conclusiva: i protagonisti saranno i ministri del lavoro di quasi tutti
i Paesi Ue, che porteranno all’attenzione della platea i piani d’intervento nazionali.
Ce la faranno a convincere i delegati della Convention? Loro dicono di sì; l’importante
è non puntare sulle politiche di Austerity. Qui proprio nessuno ne vuole più sentirne
parlare
A chiudere la prima giornata della Convention della Piattaforma Europea
contro la povertà e l'esclusione sociale, un incontro organizzato da Caritas Europa.
Presentato un interessante rapporto sui Paesi europei maggiormente colpiti dalla crisi:
Irlanda, Italia, Spagna, Portogallo e Grecia. Salvatore Sabatino ha intervistato Walter
Nanni, della Caritas italiana, che attraverso il suo studio sviluppa una foto
a tinte fosche, da cui emerge un aumento esponenziale delle persone che quotidianamente
sono alla ricerca di un aiuto, soprattutto al Sud, dove la situazione sta davvero
precipitando. Sono complessivamente 10,9 milioni gli italiani in difficoltà:
R. – Presentiamo
questo studio per la prima volta insieme ai Paesi europei maggiormente colpiti dalla
crisi economica: quindi l’Irlanda, il Portogallo, la Spagna e la Grecia. In questo
senso, notiamo un peggioramento della situazione e un aumento quasi del 60 per cento
in un anno delle persone che si rivolgono alla Caritas a chiedere aiuto. Questo sta
a significare, evidentemente, che le misure anti-crisi prese negli ultimi due anni
non sono servite a molto. Anzi, in un certo senso alcuni tagli alle misure sociali
hanno peggiorato la situazione, per cui noi in questo momento abbiamo un drastico
aumento di persone che chiedono aiuto alla Caritas e un aumento delle risposte che
dobbiamo dare.
D. – Si tratta di persone di tutte le fasce sociali, cioè anche
chi prima della crisi si poteva considerare una persona ‘normale’, che aveva un lavoro,
una vita normale … Adesso, la crisi ha colpito anche la classe media …
R. –
Sì, non abbiamo più le situazioni estreme di una volta, abbiamo situazioni normali:
soprattutto adulti tra i 40 e i 50 anni che hanno improvvisamente perso il lavoro;
ragazzi con contratti di lavoro temporanei, che non sanno più cosa fare perché cambiano
continuamente lavoro; immigrati che dopo quattro-cinque anni tornano alla Caritas
a chiedere aiuto. Questo vuol dire che nel frattempo la situazione non è migliorata
o comunque che non hanno costruito una rete di relazioni. Ma ci sono anche altre situazioni,
come quelle dei nonni o dei genitori, costretti a vendere la nuda proprietà dell’abitazione,
o addirittura fenomeni come l’aumento dei suicidi tra gli imprenditori: ci siamo trovati
costretti ad avviare centri di ascolto proprio per queste persone …
D. – E
la situazione, ovviamente, peggiora al Sud, dove già prima della crisi c’era una situazione
nettamente peggiore rispetto al Centro-Nord del Paese …
R. – Possiamo dire
che piove sul bagnato, nel senso che la crisi economica nel Sud va a colpire una situazione
che, dal punto di vista delle infrastrutture, era peggiore di quella del Centro-Nord.
Quindi è una cosa anche contraddittoria: si diceva all’inizio che il Sud non sarebbe
stato colpito dalla crisi economica, perché era molto scollegato dall’Europa. In realtà,
il 60 per cento delle posizioni di lavoro perse negli ultimi tre anni si è verificato
al Sud. Quindi, in questo senso il Meridione ne ha risentito molto e non ha le infrastrutture
necessarie per risollevarsi.
D. – Tra le varie possibili soluzioni alla crisi,
voi proponete una ricetta semplice che può essere definita come micro-credito: cioè
piccoli aiuti alle persone che vogliono intraprendere un’attività. Può essere questa
la chiave di volta per uscire dalla crisi, almeno dal basso?
R. – Sono piccoli
segnali che nei Paesi in via di sviluppo hanno funzionato e sono riusciti anche a
risollevare l’economia di piccole comunità. Cerchiamo di sviluppare progetti di micro-credito
con piccoli prestiti, non solo per famiglie ma anche per piccoli imprenditori, per
lavori anche a conduzione familiare o la nascita di nuove piccole imprese, anche fra
gli immigrati. Questo fatto, se portato ad un livello più alto di economia, potrebbe
avere qualche impatto. E’ chiaro che non può essere la soluzione definitiva, ma può
essere un passo avanti.
D. – Come vede il futuro? Voi avete denunciato anche
la scarsità di volontari: non ci sono più giovani che aiutano a portare avanti le
vostre azioni quotidiane …
R. – I volontari stanno diminuendo perché ci sono
altri settori della vita sociale che hanno maggiore successo. Ci sono molti volontari
nel settore ambientale, nel settore dell’infanzia, nel settore culturale, aggregativo,
del gioco ma poi, quando si parla del sociale, i volontari diminuiscono: sono sempre
più anziani, non vogliono fare volontariato perché chiaramente hanno poca dimestichezza
con le nuove forme di povertà. Vediamo in questo momento una difficoltà: per quanto
riguarda il futuro noi siamo già ad un punto per cui non potremo garantire più dei
servizi che stiamo attualmente fornendo, né orari di apertura diversi. Quindi, davanti
ai nostri centri le file saranno sempre più lunghe …
Particolarmente toccante
la testimonianza portata a Bruxelles da Nikos Voutsinos di Caritas Grecia,
che ha parlato di un Paese che soccombe quotidianamente sotto il peso della crisi.
Milioni i greci che vivono sotto la soglia della povertà, che hanno difficoltà ad
acquistare anche i generi di prima necessità, ma il popolo ellenico non si arrende
e reagisce con l’arma più potente: la solidarietà. Ascoltiamo Voutsinos, al microfono
di Salvatore Sabatino:
R. – It’s a terrible situation. We have so many cases
that we are facing … La situazione è terribile: abbiamo tanti di quei casi che
ci si presentano ogni giorno... non si può spiegare in poche parole. Noi, comunque,
lottiamo per cercare di aiutare. L’unico aspetto positivo è che la gente è desiderosa
a sua volta di aiutare: questa consapevolezza ci dà maggiore speranza ed entusiasmo
per continuare. C’è grande solidarietà: quello che ci ha colpito è che persone povere
aiutano altre persone povere, e questa è una bella cosa.
D. – Van Rompuy ha
detto che se lottiamo insieme, possiamo vincere la povertà. Cosa ne pensa? In molti
pensano che Bruxelles sia molto lontana da Atene …
R. – The thing is that –
to me personally – the recipe of these austerity measures … Il fatto è che – secondo
me – la ricetta di queste misure di austerità non aiuta: noi ormai siamo in recessione
da cinque anni e ancora non sappiamo cosa succederà. Non vediamo la luce alla fine
del tunnel, nonostante il fatto che forse stiamo un po’ meglio grazie al denaro che
la Grecia riceverà. Ma è sempre una situazione difficile. Credo – lo dico perché sono
anch'io un economista – che introducendo tante limitazioni,tasse, tasse e ancora tasse,
la recessione non possa che peggiorare. C’è grande bisogno di sviluppo, di presupposti
legali per favorire gli investimenti dall’estero …
Un momento di confronto
importante, dunque, quello organizzato da Caritas Europa, che ha fatto emergere l’impegno
delle Caritas nazionali e delle migliaia di volontari che supportano le loro azioni;
tutti uniti, insomma, per rispondere al grido di aiuto degli oltre 110 milioni di
europei in forte difficoltà. Il segretario generale di Caritas Europa è Jorge Nunes
Mayer, spagnolo ma residente a Bruxelles. Salvatore Sabatino gli ha chiesto qual
è la sua impressione circa le differenti visioni della crisi, visto che in molti parlano
di un allontanamento dell’Unione Europea dalle istanze delle singole capitali:
R.
– I think you are right... Penso che questa osservazione sia giusta. La percezione
della povertà e la percezione della crisi non è la stessa in questi Paesi e a Bruxelles.
Vivo a Bruxelles ormai da due anni e mezzo e svolgo questo incarico presso la Caritas
e al servizio della gente povera. Io sono rimasto molto sorpreso e molto preoccupato
quando, la scorsa estate, sono stato in Spagna in vacanza: tutti parlavano della crisi,
tutti erano in sofferenza e nessuno si sentiva sicuro. A Bruxelles questo non si percepisce,
questa realtà è molto lontana. Le istituzioni conducono discorsi politici interessanti,
ma la realtà è che, però, oltre i discorsi che ascoltiamo a Bruxelles, non si vedono
azioni o misure concrete di supporto alle persone. Quindi, è vero che Bruxelles sembra
essere lontana e il nostro ruolo, come Caritas Europa, è quello di portare la realtà
della gente al Parlamento europeo, alle istituzioni europee, alla Commissione e al
Consiglio europei. Ecco perché abbiamo deciso di stilare un Rapporto sulla povertà,
sulla crisi, insieme con la Caritas in Grecia, la Caritas in Italia, in Spagna, in
Portogallo, con le nostre organizzazioni cattoliche in Irlanda, per assicurarci che
la realtà della gente che sta soffrendo in questi Paesi arrivi alle istituzioni europee.