2012-12-06 08:57:47

Irlanda: critiche dei vescovi sul rapporto governativo per rivedere la legge sull'aborto


Un documento che contempla opzioni che potrebbero annullare la distinzione fondamentale nelle pratiche mediche in Irlanda tra “la distruzione diretta e intenzionale di un bambino non ancora nato”, gravemente immorale in ogni circostanza, e “trattamenti che non sono direttamente e intenzionalmente finalizzati a porre fine alla vita del bambino non ancora nato”. Questa, in estrema sintesi, la prima valutazione dei vescovi irlandesi sul Rapporto presentato dal gruppo di esperti incaricati dal governo di Dublino di valutare la possibilità di rivedere la legislazione sull’aborto in Irlanda alla luce la sentenza del 2009 della Corte di Europea dei diritti umani contro lo Stato irlandese e della recente vicenda di Savita Halappanavar, la donna morta il 28 ottobre in un ospedale a Galway per setticemia, dopo che i dottori le avevano negato un’interruzione di gravidanza alla 17ª settimana. La cosiddetta sentenza “A,B E C versus Ireland” (riferita alle tre ricorrenti, ndr), aveva dato ragione a una donna affetta da tumore che si era dovuta rivolgere alle strutture ospedaliere del Regno Unito per interrompere la gravidanza. Secondo la Corte di Strasburgo, l'Irlanda aveva violato il diritto della ricorrente al rispetto della sua vita privata, vista l'impossibilità per la stessa di attuare un aborto legale in Irlanda nonostante le sue gravi condizioni di salute. A riaccendere i riflettori su questo delicato argomento in Irlanda è stato il clamore suscitato dalla drammatica vicenda di Savita che ha indotto il Primo Ministro Enda Kenny a promettere una settimana fa di sottoporre al Parlamento l’ipotesi di modificare l’attuale legge sull’aborto. Il nodo della questione è l’individuazione dei limitati casi in cui l’aborto dovrebbe essere permesso quando la vita della donna sia seriamente in pericolo (eventualità prevista anche dalla costituzione irlandese). E su questo è stato chiamato ad esprimersi il gruppo di esperti incaricati dal Governo di Dublino in vista del dibattito parlamentare. Le indicazioni contenute nel rapporto non sono considerate tuttavia soddisfacenti dai vescovi. In una nota diffusa ieri a Maynooth, dove è in corso la plenaria della Conferenza episcopale, i presuli evidenziano come delle quattro opzioni proposte tre implicano l’aborto , ossia “la distruzione diretta e intenzionale di un bambino non ancora nato”, che “non può essere mai moralmente giustificabile”. Inoltre, la Corte europea non obbliga il Governo a legiferare sull’aborto. Nel rapporto manca poi una qualsiasi “analisi etica delle opzioni proposte”. Esso, aggiungono i vescovi irlandesi non prende in alcuna considerazione i rischi che implica la legalizzazione di un “aborto limitato” ai sensi della sentenza con cui nel 1992 la Corte Suprema irlandese ammise che esiste un diritto costituzionale ad interrompere la gravidanza in caso di serio pericolo per la vita della madre, compreso quello del suicidio. “L’esperienza internazionale, infatti, insegna che permettere l’aborto per motivi di salute psicologica della donna apre le porte ad aborti senza limiti”. Di qui in conclusione l’invito dei vescovi irlandesi ad un “dibattito pacato, razionale e informato” prima di prendere una qualsiasi decisione sulle opzioni proposte dal Rapporto del gruppo di esperti. (A cura di Lisa Zengarini)







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