Irlanda: critiche dei vescovi sul rapporto governativo per rivedere la legge sull'aborto
Un documento che contempla opzioni che potrebbero annullare la distinzione fondamentale
nelle pratiche mediche in Irlanda tra “la distruzione diretta e intenzionale di un
bambino non ancora nato”, gravemente immorale in ogni circostanza, e “trattamenti
che non sono direttamente e intenzionalmente finalizzati a porre fine alla vita del
bambino non ancora nato”. Questa, in estrema sintesi, la prima valutazione dei vescovi
irlandesi sul Rapporto presentato dal gruppo di esperti incaricati dal governo di
Dublino di valutare la possibilità di rivedere la legislazione sull’aborto in Irlanda
alla luce la sentenza del 2009 della Corte di Europea dei diritti umani contro lo
Stato irlandese e della recente vicenda di Savita Halappanavar, la donna morta il
28 ottobre in un ospedale a Galway per setticemia, dopo che i dottori le avevano negato
un’interruzione di gravidanza alla 17ª settimana. La cosiddetta sentenza “A,B E C
versus Ireland” (riferita alle tre ricorrenti, ndr), aveva dato ragione a una donna
affetta da tumore che si era dovuta rivolgere alle strutture ospedaliere del Regno
Unito per interrompere la gravidanza. Secondo la Corte di Strasburgo, l'Irlanda aveva
violato il diritto della ricorrente al rispetto della sua vita privata, vista l'impossibilità
per la stessa di attuare un aborto legale in Irlanda nonostante le sue gravi condizioni
di salute. A riaccendere i riflettori su questo delicato argomento in Irlanda è stato
il clamore suscitato dalla drammatica vicenda di Savita che ha indotto il Primo Ministro
Enda Kenny a promettere una settimana fa di sottoporre al Parlamento l’ipotesi di
modificare l’attuale legge sull’aborto. Il nodo della questione è l’individuazione
dei limitati casi in cui l’aborto dovrebbe essere permesso quando la vita della donna
sia seriamente in pericolo (eventualità prevista anche dalla costituzione irlandese).
E su questo è stato chiamato ad esprimersi il gruppo di esperti incaricati dal Governo
di Dublino in vista del dibattito parlamentare. Le indicazioni contenute nel rapporto
non sono considerate tuttavia soddisfacenti dai vescovi. In una nota diffusa ieri
a Maynooth, dove è in corso la plenaria della Conferenza episcopale, i presuli evidenziano
come delle quattro opzioni proposte tre implicano l’aborto , ossia “la distruzione
diretta e intenzionale di un bambino non ancora nato”, che “non può essere mai moralmente
giustificabile”. Inoltre, la Corte europea non obbliga il Governo a legiferare sull’aborto.
Nel rapporto manca poi una qualsiasi “analisi etica delle opzioni proposte”. Esso,
aggiungono i vescovi irlandesi non prende in alcuna considerazione i rischi che implica
la legalizzazione di un “aborto limitato” ai sensi della sentenza con cui nel 1992
la Corte Suprema irlandese ammise che esiste un diritto costituzionale ad interrompere
la gravidanza in caso di serio pericolo per la vita della madre, compreso quello del
suicidio. “L’esperienza internazionale, infatti, insegna che permettere l’aborto per
motivi di salute psicologica della donna apre le porte ad aborti senza limiti”. Di
qui in conclusione l’invito dei vescovi irlandesi ad un “dibattito pacato, razionale
e informato” prima di prendere una qualsiasi decisione sulle opzioni proposte dal
Rapporto del gruppo di esperti. (A cura di Lisa Zengarini)