Governo sull'orlo della crisi, il Pdl non partecipa al voto sul decreto sviluppo.
Diotallevi: la classe politica conservatrice si e' blindata
In Senato il decreto sviluppo passa, ma senza il voto del PDL, che però garantisce
il numero legale, e sul governo tira aria di crisi. Luigi Bersani convoca subito i
capigruppo del PD, stasera vertice con l’UDC di Pierferdinando Casini. Napolitano
intanto dichiara: “fuori discussione la tenuta istituzionale” e raccomanda: è da
"evitare una convulsa conclusione della legislatura". Il servizio di Adriana Masotti:
Il capogruppo
al Senato del Pdl, Gasparri, spiega la decisione del suo partito di non partecipare
al voto come un passaggio a una posizione di “astensione” nei confronti del governo.
Immediata la reazione della collega del PD, Finocchiaro: “il governo non ha più la
fiducia. Il premier vada al Quirinale”. Poco prima del voto erano piovute critiche
dalle file del Pdl all’indirizzo del ministro dello sviluppo economico, Passera che,
sull’eventuale ritorno in campo di Berlusconi, aveva commentato: ''Tutto ciò che può
solo fare immaginare al resto del mondo, che si torna indietro, non è un bene per
l'Italia. ''Nessuno può pensare che noi abbiamo paura delle elezioni ma davanti al
mondo non si può dare l'idea di un Paese che non ha la solidità'', dichiara il leader
del PD, Bersani, al termine dell’incontro con i suoi capigruppo di Camera e Senato.
Alle 19 alla Camera Bersani vedrà Casini dell’UDC il quale intanto commenta: ''Siamo
all'irresponsabilità allo stato puro''. Indirettamente in un messaggio video al congresso
Pde a Bruxelles, interviene Monti che dice: “abbiamo lavorato sodo per mettere il
Paese in sicurezza ed evitare incendi nell'Eurozona' e penso che in buona misura ci
siamo riusciti''. Intanto i mercati mostrano sfiducia verso l'Italia, lo spread vola
fino a 327 punti e la Borsa peggiora.
La possibile ricandidatura di Berlusconi
e le relative dichiarazioni di Passera hanno scatenato quella che nei fatti è una
crisi della maggioranza. Alessandro Guarasci ha sentito Luca Diotallevi,
vicepresidente del Comitato organizzatore delle Settimane Sociali
D. – Questa
vicenda dimostra che il Paese ha difficoltà rinnovare la propria classe politica?
R.
- Non c’è dubbio ma il rinnovamento della classe politica non dipende dalle intenzioni,
dipende dalle regole. I Paesi democratici - gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la
Francia, la Germania - dispongono di regole che non solo favoriscono ma - pensiamo
al caso del presidente degli Stati Uniti che non può andare oltre due mandati - obbligano
al rinnovamento. La nostra classe politica conservatrice si è blindata. I cittadini
italiani con il referendum, negli ultimi 20 anni, hanno provato più volte a forzare
questa blindatura ma non ci sono riusciti e la resistenza al rinnovamento continua.
ll tentativo di cambiare l’attuale orribile legge elettorale, in un senso che addirittura
la peggiora, ovvero quello che toglie ai cittadini il potere di scegliere il presidente
del Consiglio e dà loro le preferenze, l’arma principale della corruzione politica,
dimostra che il tentativo della classe politica è quello di blindarsi nelle proprie
posizioni di rendita.
D. – Una parte del Pdl sembra non riuscire a fare meno
di Berlusconi...
R. – Non si può a priori precludere a una persona la possibilità
di fare politica. Naturalmente, poi, saranno gli elettori a giudicare la validità,
la bontà, delle sue proposte ed eventualmente saranno coloro che intendono sostenerlo
a decidere se questa cosa è nei loro interessi, oppure no. L’attenzione andrebbe spostata
dalle persone che intendono schierarsi alle linee di partenza alle regole attraverso
le quali queste persone sono scelte, i programmi e poi i contendenti finali.
D.
– Le dichiarazioni di Passera questa mattina su Berlusconi sono state la classica
goccia che ha fatto traboccare il vaso, insomma c’è di più dietro?
R. – I cosiddetti
tecnici si presentavano al governo dichiarando che non avrebbero fatto politica. Se
noi pensiamo che stanno fondando partiti, valutano la possibilità di candidarsi, ci
rendiamo conto nel modo più plateale possibile che quello di dirsi “tecnici” è un
tentativo di correre partendo da una posizione di vantaggio. In politica la tecnica
non esiste. Esiste o il mandato popolare o forme di cooptazione dall’alto.