2012-12-04 07:08:29

Crisi siriana. Obama "no" alle armi chimiche. Assad nega. L’Onu ritira il personale non essenziale


Sale la tensione tra Stati Uniti e Siria. La Casa Bianca torna a mettere in guardia Damasco sull’uso di armi chimiche, nonostante il regime abbia escluso categoricamente il ricorso a tali armamenti. Intanto sul terreno gli scontri, tra rivoltosi e militari, non si fermano e l’Onu ha deciso di ritirare tutto il personale “non essenziale”. Massimiliano Menichetti:RealAudioMP3

“Se il regime di Assad dovesse usare armi chimiche sarebbe inaccettabile e ci sarebbero delle conseguenze”. E’ il nuovo monito del presidente statunitense Barack Obama, che segue quello del suo Segretario di Stato Hillary Clinton che aveva parlato, sempre ieri, di “linea rossa invalicabile”. Il secondo richiamo della Casa Bianca è arrivato nonostante le rassicurazioni di Damasco che in un comunicato ufficiale ha ribadito che "in nessuna situazione verranno usate armi chimiche contro il popolo". Le tensioni si sono innescate dopo che il New York Times ha diffuso notizie su un presunto spostamento di arsenali da parte di Assad. Intanto sul terreno non si fermano gli scontri in varie parti del Paese: 130 i morti in ventiquattro ore. Quattro i caccia di Assad abbattuti. In questo scenario l'Onu ha deciso di sospendere le operazioni e di ritirare il personale ''non essenziale'', mentre l'Unione Europea ha ridotto al minimo la sua presenza diplomatica per motivi di sicurezza. Drammatica la situazione umanitaria, per le Nazioni Unite saranno 4 milioni le persone interessate dall’emergenza entro la fine dell’anno, mentre sono arrivati a 133mila i profughi registrati ufficialmente in Turchia, altro fronte umanitario quello libanese dove opera, in sostegno dei rifugiati, anche l’ong Gruppo di volontariato civile (Gvc), del Network Agire. Ai nostri microfoni la direttrice dei progetti Gvc, Dina Taddia:RealAudioMP3

R. – Il nostro personale sta registrando proprio nelle ultime settimane un ulteriore afflusso di famiglie, che provengono dalla valle di Homs, una delle città più colpite dai combattimenti. Questo afflusso fa sì che i bisogni di tipo umanitario, soprattutto per quanto riguarda la problematica dell’alloggio, del riscaldamento, delle cure sanitarie, aumentino di giorno in giorno. Contrariamente a quanto si pensa, in quell’area fa freddo, è inverno, quindi soprattutto le donne, i bambini e gli anziani risentono particolarmente di questa situazione. Noi cerchiamo di aiutare anche i libanesi che stanno continuando a fronteggiare un flusso continuo di persone. Per quanto riguarda invece la Siria, ad Aleppo abbiamo del personale locale, qui l’approvvigionamento di cibo e di materiale sanitario diventa sempre più difficile. I nostri operatori sono presenti anche nelle scuole, in cui si stanno radunando le famiglie che scappano dalle aree del conflitto, ma le difficoltà sono enormi. Ci sono zone altamente insicure, dove comunque le Nazioni Unite riescono a far entrare camion con generi di prima necessità, anche se con grandissime difficoltà. La situazione è molto complessa, molto difficile, in certi momenti è difficile capire chi siano gli interlocutori con cui trattare.

D. – Quarantamila morti dall’inizio della crisi. Che cosa bisognerebbe fare per questo conflitto, che spesso passa quasi sotto silenzio? Cento morti al giorno, lo ricordiamo...

R. – E’ un conflitto che continua e corre il rischio di essere dimenticato. Si fa fatica in questo momento ad immaginare una soluzione vicina. La situazione geopolitica nell’area è molto critica. Purtroppo, tutto questo viene giocato sulla pelle della popolazione siriana, che in questo momento è indifesa ed è in balia di forze che forse con il benessere del popolo non hanno tanto a che vedere. Non vedo, purtroppo, via d’uscita, se non quella di trovare al più presto il mondo di avviare una tregua, che possa far sì che le varie parti si siedano e cerchino una soluzione.

E di Siria ieri si è discusso anche nell’incontro ad Istanbul tra il premier turco Erdogan e il presidente russo Putin. Restano le distanze tra i due Paesi su Damasco, mentre c’è condivisione sugli accordi economici. Il servizio di Giuseppe D’Amato:RealAudioMP3

“Dislocare i missili patriot alla frontiera con la Siria non è la soluzione dei problemi”: così Vladimir Putin durante la sua visita al premier turco Erdogan. “Noi non siamo gli avvocati di Damasco”, ha poi tenuto a precisare il capo del Cremlino. Ankara e Mosca ribadiscono la loro comune preoccupazione per la situazione in Siria. Secondo il premier turco, presto Vladimir Putin potrebbe svolgere un ruolo chiave in una qualche mediazione. Restano tuttavia le distanze sugli approcci alla questione siriana: turchi e russi hanno parlato di economia e di progetti comuni, in primo luogo di energia. Entro questa settimana, partirà la tanto attesa costruzione del gasdotto “Southstream”, una parte del quale correrà sotto al Mar Nero. Gli osservatori internazionali hanno anche prestato particolare attenzione allo stato di salute di Putin, che per due mesi ha cancellato tutti i suoi impegni all’estero.







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