Eurostat: 120 mln di poveri in Ue nel 2011. Intervista con il ministro Catania
Allarme povertà dall’Unione Europea. Nel 2011 sono quasi 120 milioni le persone,
pari al 24,2% della popolazione, a rischio povertà o esclusione sociale. Lo rileva
l’Eurostat che segnala un peggioramento rispetto al 23,4% del 2010 e al 23,5 del 2008.
Le proporzioni più importanti di disagio sono state registrate nell’Europa dell’est
e in Grecia, le più deboli in Repubblica Ceca, nei Paesi Bassi e in Svezia. Per l’Italia
gli ultimi dati sono dell’Istat e parlano di 3.415 mila persone in povertà assoluta.
Dati preoccupanti per il ministro italiano delle Politiche agricole Mario Catania,
che sollecita un welfare più attento alle fasce deboli. Gabriella Ceraso lo
ha intervistato:
R. – Io sono
molto preoccupato. Sono dati che testimoniano una tendenza in forte crescita e che
sono lo specchio di una crisi che non può assolutamente lasciarci indifferenti. A
fronte di questa situazione il nostro Paese, pur avendo un welfare abbastanza
avanzato, lascia scoperta proprio l’assistenza ai soggetti più bisognosi svolta in
larga parte dal volontariato. Il più importante intervento pubblico che c’è in questa
materia – è curioso sottolinearlo, ma è così – è il nostro, quello del ministero dell’agricoltura,
che attraverso la Gea distribuisce oltre 100 milioni di euro sotto forma di prodotti
alimentari ai poveri, attraverso le organizzazioni caritative. Io credo che questo
tipo di testimonianza vada strutturato, vada articolato meglio e, più in generale,
penso che il nostro welfare dovrebbe avere una maggiore attenzione nei confronti
di quest mondo.
D. – Questo è un piano che si basa anche sulla collaborazione
del’Europa, perché: politiche agricole comuni nell’Unione Europea, Commissione europea
che finanzia questo progetto virtuoso da oltre 20 anni. E’ quindi anche un esempio
di come, mettendo in comune dei beni, si possano trovare soluzioni …
R. – In
realtà è così. E’ un bell’esempio di esperienza positiva, anche perché è un ponte
tra il mondo delle imprese agricole e il mondo della sofferenza, della marginalità.
Purtroppo, questa misura così virtuosa in questo momento ci viene messa in discussione
dall’atteggiamento di alcuni Paesi – mi riferisco in particolare alla Germania, ma
non solo ad essa – che propongono di interrompere questa misura nell’ambito della
politica agricola, trasferirla nell’ambito della spesa sociale con uno stanziamento
molto più limitato. Naturalmente a Bruxelles noi stiamo lavorando per contrapporci
a questa linea perché pensiamo che l’Europa debba essere soprattutto un’Europa della
solidarietà e non quella degli egoismi nazionali e degli egoismi contabili.
D.
– Dunque, ad oggi però ancora non c’è un accordo, mi sembra di capire …
R.
– No …
D. - … perché il dubbio era se questo piano potesse rivivere dal 2014
in poi …
R. – No, non c’è ancora, un accordo. Il presidente del Consiglio è
stato recentemente a Bruxelles a discutere del bilancio dell’Unione per i prossimi
sette anni; noi abbiamo difeso un bilancio che contenga anche questo tipo di misura,
però le pressioni sono ancora molto forti. Io spero che se ne esca positivamente.
E spero anche che si possa aggiungere alla misura comunitaria una integrazione fatta
con fondi nazionali.
D. – Leggo le parole del Papa di qualche anno fa: “Siamo
disposti a fare insieme una revisione profonda del modello di sviluppo dominante?
Nel mondo c’è cibo a sufficienza per tutti, ma si continua a morire di fame”. Lei
crede in un modello di sviluppo sostenibile, e come ottenerlo?
R. – Assolutamente.
Io penso che in particolare i Paesi ricchi debbano ripensare l’approccio che hanno
ai consumi anche con maggiore attenzione al prossimo. Dobbiamo fare molto. Penso che
ci sia anche disponibilità nuova, oggi: credo che l’opinione pubblica, in particolare
in Italia, sia pronta e voglia una società più inclusiva.
D. – Sempre in uno
scritto, il Papa parla di un rilancio strategico dell’agricoltura, ma non in senso
nostalgico, bensì come risorsa indispensabile per il futuro. Lei, ministro dell’agricoltura,
si sente di condividere queste parole?
R. – Certamente! La dinamica importante
dell’agricoltura ci consente uno sviluppo più virtuoso, con una creazione di valori
più importante, con una produzione di alimenti più adeguata alle esigenze di tutti,
con una gestione del territorio diversa: anche questo ha la sua importanza. Noi dobbiamo
arrestare un processo di violenza nei confronti del territorio che deteriora la qualità
della vita delle persone … Dobbiamo avere tutti un approccio diverso …
D. –
Riesce ad essere ottimista, soprattutto quando si confronta con i suoi colleghi europei
su questi temi – agricoltura, salvaguardia del territorio, lotta e contrasto alla
povertà?
R. – Sembrerebbe impossibile essere ottimisti, ma io mi dico che invece
noi dobbiamo continuare ad esserlo perché solo l’ottimismo ci può dare quella carica
per cambiare le cose veramente.