2012-12-01 14:00:44

Motu Proprio del Papa sul servizio della carità. Mons. Dal Toso: evidenzia le responsabilità del vescovo


E’ stato promulgato sabato il Motu Proprio del Papa “L’intima natura della Chiesa” sul servizio della carità. Al centro del documento una serie di norme per ordinare le diverse forme ecclesiali nel servizio della carità e sui particolari doveri del vescovo. Ce ne parla Benedetta Capelli:RealAudioMP3

Quindici articoli compongono il Motu Proprio del Papa che intende essere un completamento di una lacuna normativa – già evidenziata nella Deus caritas est – circa la responsabilità dei vescovi per il servizio della carità nella Chiesa. “L’intima natura della Chiesa – scrive Benedetto XVI – si esprime in un triplice compito: l’annuncio; la celebrazione dei sacramenti; il servizio della carità”. Compiti che non possono essere separati e che sono dimensione costitutiva della Chiesa. Essendo dunque la carità un servizio ecclesiale è sottoposto alla particolare cura del vescovo che, con questo Motu Proprio, viene investito di diversi doveri come quello della vigilanza sugli organismi presenti nella sua diocesi; sul coordinamento delle varie entità invitandole alla collaborazione senza “emarginazioni”, stimolando i fedeli affinché diano vita alle manifestazioni di carità. Vigilanza poi nel quadro della legalità, seguendo criteri di trasparenza e di corretta gestione economica, controllo sulle contribuzioni perché siano compatibili con la dottrina della Chiesa; vigilare anche sulla scelta e nella formazione degli operatori della carità. Infine il documento affida al Pontificio Consiglio “Cor Unum” il compito di controllare l’applicazione delle norme e di erigere organismi di carità internazionale.

Dunque sono molti gli aspetti che il Motu Proprio mette in luce. Benedetta Capelli ne ha parlato con mons. Giampietro Dal Toso, segretario del Pontificio Consiglio “Cor Unum”:RealAudioMP3

R. – Effettivamente, al numero 32 della Deus caritas est, il Papa già allora diceva che il Codice di Diritto canonico non esplicita la responsabilità del vescovo in ordine all’attività caritativa. Dice – genericamente – che il vescovo ha la funzione di moderare l’azione di apostolato all’interno della sua diocesi. Il Motu Proprio di oggi vuole cercare di esplicitare più concretamente in che cosa consista questa responsabilità del vescovo riguardo al servizio della carità che la Chiesa offre.

D. – Più volte, nel Motu Proprio, si legge il termine trasparenza per quanto riguarda le funzioni del vescovo …

R. – Io non limiterei la funzione del vescovo a quella della vigilanza o a quella dell’attenzione alla trasparenza. La logica vera di questo documento è di fare emergere, di sottolineare la responsabilità del vescovo nell’azione caritativa della Chiesa. Così inizia anche il testo di questo Motu Proprio, riprendendo una citazione della Deus caritas est: “La Chiesa vive di tre dimensioni fondamentali che sono l’annuncio della Parola di Dio, la celebrazione dei Sacramenti e il servizio della carità”. Dunque, essendo una dimensione ecclesiale costitutiva, deve essere anche primaria la responsabilità dei vescovi: la Chiesa ha una struttura episcopale – ricorda lo stesso Benedetto XVI nella Deus caritas est – e quindi questa ecclesialità si deve mostrare nel servizio della carità. Ecco perché si è voluto sottolineare il ruolo del vescovo nel servizio della carità e questo ruolo poi si concretizza in diversi ambiti: il primo – e più importante, certamente – è quello dell’animazione dei fedeli perché diano testimonianza di carità. Un altro ambito è quello di favorire la nascita, la crescita, lo sviluppo di istituzioni di carità all’interno della propria diocesi. Un’altra attenzione è alle persone che lavorano dentro le nostre istituzioni nell’ambito caritativo. Un altro aspetto è quello delle finanze e poi quello di mantenere uno spirito cristiano … Tutti questi aspetti sono ripresi nei singoli articoli per mettere in evidenza, però, che il vescovo ha questa autorità finale. E’ importante che il servizio della carità, essendo ecclesiale, abbia anche questa connotazione ecclesiale quanto la responsabilità ultima.

D. – Particolare risalto viene dato anche alla scelta e alla formazione degli operatori della carità …

R. – A me sembra molto importante che questo documento sottolinei l’aspetto personale, perché questo anche è il punto forte del servizio della carità della Chiesa. Noi, grazie a Dio, possiamo contare sull’apporto di tante persone, e di tante persone qualificate. E questo aspetto personale va sottolineato. La formazione è un’esigenza, soprattutto nel mondo moderno, che noi vediamo a tutti i livelli: è una formazione iniziale ma è anche una formazione permanente. Quindi è bene che il vescovo curi questa formazione delle persone che lavorano nei servizi di carità perché attraverso le persone noi incontriamo milioni di altre persone che possono avere in questo modo anche, attraverso un operatore, una testimonianza di Cristo. Ecco perché l’enfasi sulla formazione. A questo proposito vorrei sottolineare che questa è peraltro anche una priorità per il nostro dicastero che da sempre ha voluto evidenziare questo aspetto della formazione. Ad esempio, a livello continentale, ha voluto organizzare degli esercizi spirituali per persone che sono nei direttivi degli organismi di carità cattolici.

D. – Quali sono, allora, le funzioni di Cor Unum?

R. – Il Motu proprio dà due funzioni a Cor Unum: la prima è quella di vegliare sull’applicazione di questo Motu Proprio. Quindi, Cor Unum dovrà farsi un po’ “moltiplicatore” del testo e cercare anche che passi questo spirito di sensibilità ecclesiale nei nostri servizi di carità. E poi, il Motu Proprio dà un’altra competenza a Cor Unum che è quella di erigere in personalità canonica quelle istituzioni di aiuto internazionali che hanno origine dentro alla Chiesa cattolica, e che hanno un raggio universale.







All the contents on this site are copyrighted ©.