La Palestina nell'Onu come Stato: festa nei Territori occupati, delusione israeliana
Storico voto ieri all’Onu. L’Assemblea generale ha votato a stragrande maggioranza
l’ammissione della Palestina nell’Organizzazione delle Nazioni Unite come Paese osservatore
non membro. Numerose e di vario tenore le reazioni. Ce ne parla Giancarlo La Vella:
Il popolo palestinese
ha espresso la sua soddisfazione, festeggiando questo importante riconoscimento nelle
piazze dei Territori, soprattutto a Ramallah. Nel suo intervento al Palazzo di Vetro,
il presidente palestinese, Abu Mazen, ha detto che “la Palestina viene all'Assemblea
generale, perché crede nella pace e la sua gente ne ha un disperato bisogno”. Lo stesso
Abu Mazen ha poi annunciato l’imminente visita a Gaza nel nuovo clima di riunione,
generato dal voto all’Onu, tra Fatah e Hamas, le due anime politiche palestinesi.
Di ben altro tenore le reazioni israeliane. Un premier Netanyahu fortemente deluso,
ringraziando i Paesi che hanno votato “no”, ha sottolineato che il vero “percorso
della pace passa per negoziati diretti senza condizioni preliminari e non attraverso
decisioni unilaterali prese all'Onu”. Di fatto il voto non ha dato adito ad alcun
dubbio: 138 i Paesi favorevoli, 41 gli astenuti, e 9 i contrari, ovvero Israele, Stati
Uniti, Canada, Panama, Repubblica Ceca e gli arcipelaghi della Micronesia, Palau,
Marshall e Nauru. Da segnalare la posizione dei Paesi europei, che ancora una volta
non sono riusciti a esprimere una posizione comune: al voto favorevole di Francia
e Italia, si contrappone l’astensione di Germania e Gran Bretagna.
Sulla portata
della decisione dell'Onu sulla Palestina, l'opinione di Maria Grazia Enardu,
docente di Storia delle Relazioni internazionali all’Università di Firenze. L’intervista
è di Massimiliano Menichetti:
R. – Questa
decisione ha una portata storica ed è l’unica iniziativa internazionale corale che
possa riportare le due parti – che sarebbero tre, considerando Hamas – al tavolo di
un negoziato serio e costruttivo. Ne avevano bisogno tutti e due, sia l’Autorità palestinese,
per essere incoraggiata a proseguire sulla strada della non violenza, sia Israele,
i cui governi negli ultimi anni hanno perso tempo e continuato a costruire sul terreno.
E molto importante anche per la percezione che avrà l’elettorato di Israele, che va
a votare tra due mesi, perché bisogna scegliere partiti e posizioni più costruttivi.
D.
– A questo punto, questa decisione potrà portare anche Hamas ad un atteggiamento più
dialogante?
R. – Il voto dovrà costringere Hamas a guardare tutto il tavolo
e la scena internazionale e a prendere decisioni, speriamo di riavvicinamento all’Autorità
nazionale palestinese, perché se si parla di negoziato per creare uno Stato palestinese,
il rischio, senza Hamas, è che si arrivi ad un nulla che creino due pezzi di Stato
– uno a Gaza e uno in parti della Cisgiordania.
R. – Questa decisione ha una
portata storica ed è l’unica iniziativa internazionale corale che possa riportare
le due parti – che sarebbero tre, considerando Hamas – al tavolo di un negoziato serio
e costruttivo. Ne avevano bisogno tutti e due, sia l’Autorità palestinese, per essere
incoraggiata a proseguire sulla strada della non violenza, sia Israele, i cui governi
negli ultimi anni hanno perso tempo e continuato a costruire sul terreno. E molto
importante anche per la percezione che avrà l’elettorato di Israele, che va a votare
tra due mesi, perché bisogna scegliere partiti e posizioni più costruttivi.
D.
– A questo punto, questa decisione potrà portare anche Hamas ad un atteggiamento più
dialogante?
R. – Il voto dovrà costringere Hamas a guardare tutto il tavolo
e la scena internazionale e a prendere decisioni, speriamo di riavvicinamento all’Autorità
Nazionale palestinese, perché se si parla di negoziato per creare uno Stato palestinese,
il rischio, senza Hamas, è che si arrivi ad un nulla che creino due pezzi di Stato
– uno a Gaza e uno in parti della Cisgiordania.