Taglio dei finanziamenti pubblici: è emergenza per gli ospedali religiosi del Lazio
“Siamo pronti anche a ricorrere alla Corte europea per far valere i nostri diritti”.
Lo ha annunciato Michele Bellomo, presidente dell’Aris Lazio, Associazione religiosa
istituti socio-sanitari, in risposta alla decisione della Regione di tagliare del
7% il budget destinato a queste strutture. Bellomo ha annunciato il blocco delle prestazioni
ambulatoriali dal 6 dicembre per gli ospedali religiosi classificati del Lazio. Tra
questi, gli ospedali romani Fatebenefratelli, Cristo Re, l’Israelitico, il San Carlo
di Nancy. Francesca Sabatinelli ha intervistato lo stesso Bellomo:
R. – Abbiamo
fatto un calcolo: almeno tra gli 800 e i mille dipendenti rischieranno la cassa integrazione
o la mobilità, quasi sicuramente. Ovviamente, le più colpite saranno le categorie
sanitarie, perché i tagli vanno ad essere imposti proprio alla parte sanitaria. E’
ovvio che la cosa comporterà un taglio e una riorganizzazione delle strutture a 360
gradi.
D. – Ovviamente, tutto questo con ricaduta sui pazienti che subiranno
in quale modo questo taglio?
R. – Questo taglio è fatto già dal 2012, e quindi
molti ospedali avevano già completato il loro budget: a questo punto, si trovano con
le liste d’attesa che dovranno essere allungate moltissimo. Come minimo, ci sarà uno
slittamento delle liste d’attesa tra i venti giorni e il mese.
D. – E per quanto
riguarda il tipo di prestazioni?
R. – I nostri ospedali sono ospedali classificati,
equiparati alle strutture pubbliche, quindi rendono tutte le prestazioni. E’ ovvio
che noi continueremo a garantire le prestazioni che sono necessarie, e quindi continueremo
a garantire il pronto soccorso, le urgenze, le rianimazioni, le prestazioni oncologiche,
le prestazioni nell’area materno-infantile, prestazioni di alta chirurgia vascolare
e tutte le emergenze. E’ ovvio, però, che tutta la specialistica – ad esempio, una
risonanza magnetica – subirà dei ritardi.
D. – Ma il budget a quanto ammontava?
R.
– Il budget di tutte le strutture, compresi quindi anche il Gemelli e il Campus e
tutte le altre case di cura, è di un miliardo e 300 milioni di euro.
D. – Suddiviso,
quindi, su quante strutture?
R. – Tra ospedali classificati e istituti a carattere
scientifico, i nostri associati sono dieci; più il Bambin Gesù e il Campus, sono altre
due strutture. E in più, ci sono tutte le varie case di cura private, quindi parliamo
di un centinaio di strutture. Il problema, però, è che la ripartizione è stata fatta
in modo lineare, senza andare a vedere la situazione struttura per struttura. Soprattutto
è stata fatta a strutture che avevano già firmato un accordo con la Regione che aveva
già previsto un abbattimento del 2 per cento. Quindi, gli ospedali classificati si
sono trovati, oltre all’abbattimento del 2 per cento firmato a febbraio, un ulteriore
abbattimento di un altro 7 per cento per tutto il 2012, che è arrivato adesso, alla
fine di novembre.
D. – Che voi non vi aspettavate assolutamente?
R.
– Assolutamente no, anche perché avevamo firmato il contratto con la Regione: proprio
perché eravamo sempre andati incontro alle necessità regionali, avevamo accettato
di buon grado un taglio del 2 per cento nonostante avessimo già avuto tagli per oltre
il 15 per cento. Dal 1997 noi non vediamo aggiornate le tariffe dei nostri ospedali.
Posso soltanto dire che abbiamo avuto tagli che vanno da un 22,88 per cento dal 1998
ad oggi, per quanto riguarda gli ospedali senza pronto soccorso o senza Dea, che arrivano
fino al 37 per cento per le strutture nelle quali c’è pronto soccorso e Dipartimento
di emergenza, il Dea. Ciò nonostante, avevamo fatto dei sacrifici, avevamo cercato
di organizzare … Fino ad oggi, in tutti questi anni, del piano di rientro non avevamo
mai attivato né cassa integrazione, né tantomeno licenziamenti.
D. – Voi intendete
ricorrere addirittura alla Corte Ue …
R. – Stiamo valutando con i nostri uffici
legali questa possibilità. Noi ci troviamo da una parte una legge che dice che siamo
equiparati alle strutture pubbliche, e dall’altra parte l’istituzione che così non
ci considera e mentre negli anni ha continuato a ripianare a pie’ di lista le strutture
pubbliche, a noi ha continuato a tagliare continuamente le risorse. Tagliare a pie’
di lista le strutture pubbliche significa coprire tutti i disavanzi che questi ospedali
o le Asl possano avere. Inoltre, vorrei chiarire una cosa: una prestazione resa in
un ospedale classificato delle strutture religiose, a parità di prestazione, costa
il 40 per cento in meno della stessa prestazione resa in una struttura pubblica.