Genova: il card. Bagnasco e Paul Bhatti ricordano i "martiri del Pakistan"
“Noi occidentali, noi Europei, abbiamo bisogno di riscoprire una fede 'senza se e
senza ma’, abbiamo bisogno di riscoprire la fede come cosa seria, non come fosse un
ornamento, un soprammobile della vita”. Così l’arcivescovo di Genova e presidente
della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, che ha concluso mercoledì sera il primo appuntamento
di questo anno pastorale del ciclo “Cattedrale aperta”. Presente Paul Bhatti, ministro
per l’Armonia nazionale del Pakistan, che ha parlato del tema “Il martirio dei cristiani
oggi”, portando come testimonianza la vita e l’opera del fratello Shahbaz Bhatti,
il politico cristiano che, dopo aver speso la sua vita in difesa delle minoranze religiose
del suo Paese, fu ucciso il 2 marzo 2011 in un terribile attentato. Ricordando il
martirio di Shahbaz - riferisce l'agenzia Sir - il porporato ha aggiunto: “Abbiamo
bisogno di questi esempi che ci dicono che la vita, vissuta veramente con Cristo,
trasforma il nostro modo di essere e di stare nel mondo, il nostro rapporto con i
deboli e i poveri, la giustizia e la pace, il dialogo, la fedeltà, i nostri doveri.
Anche l’economia, la finanza, la politica, la vita civile, tutto viene trasformato
se alla radice c’è la volontà, la decisione di stare con Gesù”. Dal canto suo Paul
Bhatti ha affermato che “La vera strada del paradiso passa dal Pakistan per aiutare
i nostri fratelli più deboli ed emarginati”. Di fronte alle minacce ricevute dai fondamentalisti
che ne avevano decretato la condanna a morte, Shahbat soleva ripetere: “Vivo per Gesù
Cristo e per lui voglio morire”. E a quanti gli chiedevano di lasciare il Paese, Shahbaz
rispondeva che “un pastore deve pascere le sue pecore”. Paul ha parlato anche della
legge contro la blasfemia in vigore nel suo Paese ricordando come, a causa di questa
legge, “molti cristiani vengono accusati ingiustamente” e che questa legge viene spesso
utilizzata per attaccare i cristiani per motivi personali od economici. Un caso, tra
tutti, quello di Rimsha Masih, la bambina cristiana disabile di 14 anni accusata di
blasfemia perché “alcuni fanatici volevano allontanare la piccola dal luogo dove aveva
sempre vissuto”. Paul ha poi ricordato l’impegno di suo fratello “per instaurare in
Pakistan un dialogo tra tutte le religioni con l’auspicio che tutte le religioni possano
convivere insieme”. (R.P.)