2012-11-29 14:31:11

Elezioni in Somaliland: prosegue il processo di avvicinamento alla comunità internazionale


Elezioni mercoledì nello Stato del Somaliland, nel Corno d’Africa. Il Paese, autoproclamatosi indipendente nel 1991, e non ancora riconosciuto, ha affrontato la tornata elettorale quale ulteriore passo avanti nel processo di avvicinamento alla comunità internazionale. Sette i partiti in lizza: le tre formazioni più votate parteciperanno alle consultazioni generali per i prossimi dieci anni. Sul significato di queste consultazioni, Giancarlo La Vella ha intervistato l’avvocato Pierfrancesco Meneghini, del gruppo dei 55 osservatori internazionali al voto:RealAudioMP3

R. – Dal punto di vista interno, sono un tassello nel processo di democratizzazione, lenta, ma certa. Queste elezioni fanno seguito a quelle del 1999, del 2002, del 2010, sia presidenziali, sia parlamentari. Dal punto di vista esterno, per il fatto di non essere ancora uno Stato riconosciuto, è un momento importante per certificare di fronte alla comunità internazionale la natura democratica del Paese e l’esistenza di uno Stato con istituzioni stabili. E questo è anche il senso della presenza di osservatori internazionali.

D. – Quali ostacoli ci sono ancora al pieno riconoscimento di un Paese come il Somaliland, considerando che sul territorio della Somalia ci sono – praticamente – almeno tre Stati: oltre al Somaliland, il Puntland e la Somalia stessa?

R. – Sono di vario ordine. Uno di carattere geopolitico, per cui non si devono modificare confini post-coloniali. Ma, naturalmente, poi ci sono anche ragioni di natura politica: il Somaliland è collocato nell’ambito del Corno d’Africa, nel quale il problema più grave è quello della Somalia centro-meridionale, con capitale Mogadiscio, rispetto alla quale la politica internazionale sta muovendo un percorso di stabilizzazione e sembra – con tutti i dubbi di un processo in corso – che stia pensando ad una sorta di struttura federale per l’intero Corno d’Africa, eccezion fatta per la Somalia di Gibuti, che poi è una sorta di quarta Somalia …

D. – Quali forze si sono espresse in questa tornata elettorale?

R. – A queste elezioni amministrative regionali hanno partecipato sette partiti. I primi tre partiti che risulteranno dalle urne saranno anche gli unici tre partiti a poter candidare propri esponenti per le elezioni – vuoi parlamentari, vuoi presidenziali – per i prossimi dieci anni. Infatti, la Costituzione del Somaliland, per evitare la frammentazione politica – tenuto conto delle basi claniche e tribali che ci sono – vuole ridurre a tre i partiti costituzionali che si confronteranno per i prossimi dieci anni per la guida del Paese.

D. – Anche qui c’è un confronto tra partiti laici, islamici e di altra ispirazione?

R. – No, non c’è una forte differenziazione ideologica, quindi non è un problema tra fautori maggiori o minori di una posizione – per esempio – antioccidentale in chiave di panislamismo. Tutti questi processi, anche per questi tre partiti, si incrociano con la base, che ha una sua importanza notevole, ripeto, di carattere clanico-tribale.







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