Violenza in Nigeria, Boko Haram apre ad un negoziato con Abuja
In Nigeria uomini armati hanno ucciso dieci persone nella regione centrale di Barkin
Ladi, avrebbero fatto irruzione in locale in una zona di violenti scontri tribali.
Intanto, un commando ha sequestrato due lavoratori stranieri nel Delta del Niger,
secondo i media locali si tratta di due operai libanesi della società edile “Setraco”.
In questo scenario il gruppo fondamentalista islamico Boko Haram, che semina da mesi
morte e distruzione nella regione ieri ha annunciato la proposta di aprire il dialogo
con il governo di Abuja. Su questa iniziativa, Giancarlo La Vella ha intervistato
Anna Bono, docente di Storia e Istituzioni dei Paesi africani all’Università
di Torino:
R. – Il movimento
nasce nel 2002 e man mano cresce e si diffonde nel Paese. Nel frattempo, ci sono stati
segnali nel passato che indicano che il movimento si sia articolato e forse non è
più la realtà compatta di quando è nato e contava poche centinaia di aderenti. Il
portavoce di questa ala moderata che si offre per trattare con il governo, perché
questa offerta abbia un significato, un valore, dovrebbe avere un peso importante
all’interno di un movimento, che negli anni si è sviluppato, si è qualche volta diviso,
e che effettivamente può presentare anime diverse, più o meno disposte a trattare
con il governo.
D. – E’ ammissibile che una parte sia pur moderata di Boko
Haram possa proporre il dialogo quando, praticamente fino a poche ore fa, il movimento
ha parlato a suon di attentati e di violenza?
R. – In effetti, questo è un
altro punto interrogativo di un movimento che nasce per contrastare nel modo più duro
e radicale la civiltà occidentale e tutto ciò che questa civiltà rappresenta e che,
da quando è nato, ha dimostrato una netta volontà sempre più decisa e spietata, come
dimostrano le cifre delle vittime negli ultimi tre anni.
D. - Quali sono i
reali obiettivi di Boko Haram?
R. – E’ indiscutibile l’ostilità e la volontà
aggressiva di Boko Haram nei confronti dei cristiani. E’ altrettanto vero che scopo
del movimento, fin da quando è nato, è ottenere che la Nigeria - che è un Paese diviso
in due, perché la metà settentrionale è abitata da popolazioni prevalentemente islamiche,
mentre quella meridionale da popolazioni prevalentemente cristiane e animiste - diventi
veramente un Paese islamico e adotti la sharia come legge della nazione.
D.
– In questa situazione, sembra ci sia poco spazio per un intervento internazionale,
sia pure a livello diplomatico…
R. – Penso di sì perché i problemi sono interni
e all’interno vanno affrontati e risolti. Il fattore decisivo per intravedere una
soluzione o comunque un miglioramento della situazione in Nigeria è il consenso che
Boko Haram ha all’interno del Paese. Il presidente Goodluck Jonathan, quasi un anno
fa, aveva lanciato un allarme drammatico, sostenendo che il movimento ha radici, sostenitori
e infiltrati in ogni settore della società e delle istituzioni, inclusi l’esercito,
i servizi segreti, le forze dell’ordine, i funzionari e il mondo politico. Una visione
non meno preoccupata, ma meno meno drammatica, è stata proposta in questi giorni dall’arcivescovo
di Abuja, Onaiyekan, appena nominato cardinale, che invece ritiene molto limitato
il consenso di questo movimento e che vede e, d’altra parte sollecita da mesi, se
non da anni, nel dialogo una via d’uscita.