I Comuni italiani sfidano il gioco d'azzardo. Intervista con padre Rastrelli
"Una piaga individuale e sociale, il gioco d'azzardo, che corrompe l'anima, la mente,
il modo di pensare, quindi il modo di vivere di giovani ed adulti, promettendo una
vita facile e devastando la persona e, di riflesso, la famiglia". Così il cardinale
Angelo Bagnasco, presidente della Cei e arcivescovo di Genova, si è espresso intevenendo
ieri alla presentazione del volume "L'azzardo non è un gioco". La ludopatia, ha sostenuto,
è un fenomeno in continua espansione che va combattuto "con una nuova cultura educativa".
Non manca tuttavia, secondo il porporato, un dato positivo e cioè la crescita della
“presa di coscienza collettiva” davanti ai rischi collegati, tanto che anche i Comuni,
da nord a sud, cercano di limitare il proliferare dei videopoker attraversi vincoli
e delibere. E sono allo studio dei Monopoli di Stato meccanismi che bloccano le slot
machine dopo un certo numero di giocate. Alessandro Filippelli ne ha parlato
con padre Massimo Rastrelli, presidente della Consulta nazionale antiusura:
R. – Il giocatore
distrugge il lavoratore e la famiglia e questo fatto sta diventando esplosivo. Ma
noi lo avevamo detto nel provvedimento ultimo, quello che sembra restrittivo. Hanno
detto che le nuove sale gioco si aprono non più a 500 metri dalla chiesa, dalla scuola,
ma a duecento metri, e questo è gravissimo. Il giocatore non è un lavoratore, il giocatore
non è un padre di famiglia. Quindi, famiglie rovinate.
D. – Come giudica la
contraddizione dello Stato, che promuove il gioco in funzione del gettito erariale,
ma non considera il costo delle ricadute sociali del gioco stesso?
R. – Lo
Stato è il "biscazziere", cioè gestisce il gioco. Questo non deve accadere. Il governo
ha una colpa: ha creduto di fermare il gioco illegale, promuovendo il gioco legale.
L’Italia è, a raffronto di tutte le nazioni del mondo, ai vertici della statistica
per giocatori, tanto che io ponevo una domanda: se i giocatori in Italia sono tanti,
dove sono i lavoratori in Italia, giacché il giocatore esclude il lavoratore? Questo
è il problema serio. Io ho notato che nelle valutazioni complessive dello Stato, conta
di più un miliardo che entra nell’erario, non importa a quali costi, che non i costi
umani. Oggi, i giocatori sono scesi sotto i 12 anni, e cioè nell’età più debole: quando
l’uomo deve essere formato, l’uomo viene guastato. Il giovane, infatti, che va nella
sala gioco non ascolta più i genitori e apprezza lo Stato perché gli fa fare quello
che vuole. E che cosa vuole? Giocare. Questi sono fatti gravissimi e noi li tocchiamo
con mano. Il barista vicino alla mia casa ha tolto le macchine da gioco, perché ha
detto: “Padre Rastrelli fa sacrifici per far lavorare i giovani e i giovani spendono
gli stipendi qua dentro”. Dei fatti di Cremona, quindi, ce ne sono stati tanti, sebbene
siamo in un’Italia dove la coscienza morale è praticamente soppressa.
D. –
Qual è, secondo lei, il sistema più efficace per combattere il fenomeno dell’usura,
legato alla ludopatia?
R. – Cerco di convincere la mamma e il papà che il valore
della vita sono i figli. Non bisogna utilizzare l’usura, altrimenti muore tutto. E
di fatti, chi non mi ha ascoltato non c’è più. Ci sono suicidi per questo. Il cristiano
non può diventare corrotto, perché il cristiano, se si corrompe, non c’è più.