“Solo l’amore resta”: l’ultimo libro di Chiara Amirante sulla sua vita e Nuovi
Orizzonti
“Solo l’amore resta”: è il titolo dell’ultimo libro di Chiara Amirante, fondatrice
del movimento “Nuovi Orizzonti”. Il volume, edito da Piemme, racconta la sua vita
e il suo impegno per portare la speranza cristiana a quanti sono caduti “nell’inferno
della strada” e della droga. Proprio da qui, muove l’intervista di Emanuela Campanile
a Chiara Amirante:
R. - Il passaggio
dall’inferno in cui ti può portare una sostanza con cui cerchi di coprire un malessere,
un vuoto, una mancanza di amore o semplicemente una dipendenza in cui sei finito,
pensando di stare meglio, non è così semplice! In questi anni, però, abbiamo visto
il miracolo di migliaia e migliaia di giovani, che vivevano nelle strade per i più
svariati motivi, passare dalla morte alla vita e percorrere poi le stesse strade per
testimoniare che da certi inferni è possibile uscire.
D. - C’è un riavvicinamento
di questi giovani alle loro famiglie d’origine?
R. - Un riavvicinamento alle
famiglie di origine c’è. Non possiamo neanche dare tutte le colpe alle famiglie, perché
tanti dei ragazzi che io ho incontrato e conosciuto in strada vengono da famiglie
meravigliose, da famiglie che li hanno amati, che hanno dato loro dei valori: purtroppo,
però, questi ragazzi si sono lasciati un po’ abbagliare dal “sesso-droga-rock and
roll”, dallo sballo e dal piacere si finisce poi in circoli di dipendenza, che sono
assolutamente terribili. A volte, quindi, c’è un errore dei genitori, dovuto anche
dalla vita superstressante che siamo costretti a fare e che non è certamente più a
misura di famiglia, per cui il genitore non riesce a dare l’amore necessario. A volte,
però, c’è il problema opposto: ci sono ragazzi che sono super viziati, che non sono
abituati ad avere quei giusti “no” e che non hanno il senso di ciò che è giusto e
di ciò che non è giusto, di ciò che è bene e di ciò che non è bene e questo li porta,
il più delle volte, a finire in giri che non sono certo dei migliori. Ho conosciuto
tanti ragazzi in strada che provenivano dai quartieri “in” di Roma, che avevano avuto
di tutto di più e che poi i soldi li avevano cominciati ad usare per comprare cocaina,
per sentirsi più grandi, più forti, più, più, più… Poi, però, si sono ritrovati, meno,
meno meno!
D. - In un passo del tuo libro, dove racconti la tua esperienza
di vita, il tuo scoprire e il tuo riscoprire Dio anche e soprattutto nei più sofferenti,
scrivi: “In quei mesi mi sono convinta che il matrimonio non soltanto non ostacolava
la donazione radicale a Dio, ma anzi era una vita di santità meravigliosa e forse
particolarmente urgente per questi tempi in cui Satana si è - come non mai! - scatenato
contro la famiglia”….
R. - Io sono assolutamente convinta di questo, perché
siamo abituati - come cristiani - a vedere la vita di consacrazione nel celibato come
una via di seria A. E il matrimonio? Sì, tutti ci sposiamo… Però ci dimentichiamo
che Maria, che è stata “la” consacrata per eccellenza, è stata sposa dello Spirito
Santo, ha vissuto in uno stato che è quello matrimoniale e Dio ha voluto ricordarci
l’altezza, la grandezza, la sacralità di questa chiamata! Oggi come oggi la famiglia
è veramente attaccata sotto tutti i punti di vista: laddove viene minata la famiglia,
viene minata la cellula base della società. La famiglia è assolutamente sotto attacco:
siamo nella società dell’apparire, del narcisismo, dell’egocentrismo, del consumismo
e siamo quindi sempre più incapaci di amare! L’usa e getta continua ad inquinare
le relazioni e questo mina assolutamente la base della famiglia. Devo dire che quando
ci sono delle famiglie, in cui sia il marito che la moglie si impegnano in un cammino
di donazione non solo verso i propri figli, ma anche verso gli altri, sono capaci
di fare cose fantastiche. I nostri ragazzi accolti nelle comunità, laddove trovano
delle famiglie che, in qualche modo, gli fanno da mamma e da papà, hanno delle guarigioni
interiori che non erano riusciti ad avere in dieci anni di psicanalisi.
D.
- Perché hai scritto questo libro, come dice Andrea Bocelli nella prefazione, “senza
pudori”?
R. - L’ho scritto fondamentalmente per due motivi. Il primo: quando
scopri qualcosa di grande, che riempie la tua vita di senso e di significato e soprattutto
quando scopri una gioia capace di resistere alle prove più terribili della vita, così
come mi è capitato di sperimentare, senti il bisogno di condividere questo dono e
di condividerlo soprattutto con chi queste gioie e questa pienezza l’ha persa. L’altro
motivo è consegnare tutte le lacrime del popolo della notte, raccolte in questi
anni, con la certezza che, appunto, solo l’amore resta e che l’amore può dischiudere
nuovi orizzonti a chi è nell’inferno!