Why Poverty? Benedetto XVI: il coraggio della fraternità per vincere la povertà nel
mondo
Avere “il coraggio della fraternità” e cambiare stili di vita e modelli di sviluppo:
questa la ricetta di Benedetto XVI per vincere la miseria che attanaglia tanta parte
del mondo. Proposte molto concrete che il Papa ha fatto in questi anni di Pontificato
e che vi proponiamo in questo primo contributo in lingua italiana della Radio Vaticana
che partecipa all’iniziativa promossa dall'Unione Europea di Radiodiffusione (UER)
intitolata “Why Poverty?”, speciale giornata di trasmissioni in Eurovisione dedicata
al tema della povertà. Il servizio di Sergio Centofanti:
Una “rivoluzione
pacifica”, non ideologica, ma spirituale, che cambi il mondo e vinca la povertà “in
un’epoca nella quale l’ostilità e l’avidità sono diventate superpotenze”: è quanto
auspica Benedetto XVI che invita i cristiani a non restare ai margini nella lotta
per la giustizia:
“I cristiani hanno il dovere di denunciare i mali, di
testimoniare e tenere vivi i valori su cui si fonda la dignità della persona, e di
promuovere quelle forme di solidarietà che favoriscono il bene comune, affinché l’umanità
diventi sempre più famiglia di Dio”. (Discorso alla Fondazione Centesimus Annus, 15
ottobre 2011)
Sul banco degli imputati, per il Papa, c’è un egoismo globalizzato
che pensa solo al profitto: innanzitutto la finanza che “ha danneggiato l’economia
reale” con le sue speculazioni, che fanno aumentare anche il prezzo del cibo. A capo
delle imprese ci sono manager che spesso “rispondono solo alle indicazioni degli azionisti”,
disinteressandosi dei lavoratori. C’è l’accaparramento delle risorse dei Paesi poveri
a vantaggio di una “rivendicazione del diritto al superfluo” nelle società opulente.
Ora, il giocattolo si è rotto anche in Occidente e di fronte alla crisi economica
il Papa esorta a rivedere uno stile di vita che non regge più:
“Siamo disposti
a fare insieme una revisione profonda del modello di sviluppo dominante, per correggerlo
in modo concertato e lungimirante? Lo esigono, in realtà, più ancora che le difficoltà
finanziarie immediate, lo stato di salute ecologica del pianeta e, soprattutto, la
crisi culturale e morale, i cui sintomi da tempo sono evidenti in ogni parte del mondo”.
(Omelia, 1 gennaio 2009)
Con dati alla mano, il Papa mostra che nel mondo
c’è cibo a sufficienza per tutti, mentre si continua a morire di fame. Quindi avanza
una proposta concreta: il rilancio strategico dell’agricoltura “non in senso nostalgico,
ma come risorsa indispensabile per il futuro”:
“Occorre puntare, allora,
in modo veramente concertato, su un nuovo equilibro tra agricoltura, industria e servizi,
perché lo sviluppo sia sostenibile, a nessuno manchino il pane e il lavoro, e l’aria,
l’acqua e le altre risorse primarie siano preservate come beni universali”. (Angelus,
14 novembre 2010)
Il lavoro agricolo – afferma Benedetto XVI – educa alla
sobrietà e alla semplicità, “ad un consumo più saggio e responsabile” e promuove “l’accoglienza,
la solidarietà, la condivisione della fatica nel lavoro”. E non pochi giovani hanno
già scelto questa strada:
"Anche diversi laureati tornano a dedicarsi all’impresa
agricola, sentendo di rispondere così non solo ad un bisogno personale e familiare,
ma anche ad un segno dei tempi, ad una sensibilità concreta per il bene comune”. (Angelus,
14 novembre 2010)
Le cause del sottosviluppo – sottolinea Benedetto XVI
– sono innanzitutto “nella mancanza di fraternità tra gli uomini”. La globalizzazione
“ci rende vicini, ma non ci rende fratelli”. Un egoismo che diventa internazionale
con la questione del debito dei Paesi poveri che il Papa chiede di ridurre o cancellare
“senza che questo sia condizionato a misure di aggiustamento strutturale, nefaste
per le popolazioni più vulnerabili”. Ci sono poi altri appelli a favore del Sud del
mondo: perché abbia “un accesso ampio e senza riserve ai mercati”; perché possa usufruire
delle conoscenze tecnologiche e scientifiche in possesso dei Paesi ricchi che le proteggono
“mediante un utilizzo troppo rigido del diritto di proprietà intellettuale, specialmente
nel campo sanitario”. E appelli per i Paesi industrializzati: per la riduzione del
commercio delle armi, del traffico di preziose materie prime e della fuga di capitali
dal Sud; perché investano nella ricerca per creare vaccini contro le malattie che
colpiscono i Paesi poveri. La preoccupazione di Benedetto XVI è soprattutto per l’Africa.
Ma aldilà delle istituzioni internazionali – osserva il Papa - “ogni persona e ogni
famiglia può e deve fare qualcosa”, è necessario avere nel proprio piccolo “un cuore
che vede” chi è nel bisogno:
“L’umanità non necessita solo di benefattori,
ma anche di persone umili e concrete che, come Gesù, sappiano mettersi al fianco dei
fratelli condividendo un po’ della loro fatica. In una parola, l’umanità cerca segni
di speranza. La nostra fonte di speranza è nel Signore”. (Discorso alla Caritas italiana,
24 novembre 2011)
E’ l’amore di Dio che cambia il mondo e risveglia la
speranza, afferma Benedetto XVI: così, l’impegno dei cristiani per i poveri parte
dalla giustizia per arrivare alla carità:
“Lo spettacolo dell'uomo sofferente
tocca il nostro cuore. Ma l'impegno caritativo ha un senso che è filantropico, certo,
ma che va ben oltre la semplice filantropia. È Dio stesso che ci spinge nel nostro
intimo ad alleviare la miseria. Così, in definitiva, è Lui stesso che noi portiamo
nel mondo sofferente. Quanto più consapevolmente e chiaramente lo portiamo come dono,
tanto più efficacemente il nostro amore cambierà il mondo e risveglierà la speranza:
una speranza in questo mondo e una speranza che va al di là della morte e solo così
è una vera speranza per l’uomo”. (Discorso a Cor Unum, 23 gennaio 2006)