Ilva. Clini si dice fiducioso, mons. Santoro: non lasciare soli i tarantini
Si fa sempre più tesa la situazione all’Ilva di Taranto, dove l’azienda ha deciso
di chiudere lo stabilimento. In segno di solidarietà con i colleghi pugliesi i lavoratori
del sito produttivo di Genova hanno bloccato un casello autostradale. Intanto il ministro
dell’Ambiente, Clini, si dice fiducioso del fatto che giovedì ci possa essere un accordo,
nell’incontro a Palazzo Chigi con l’azienda. Il servizio di Alessandro Guarasci:
Il ministro
Clini afferma che non mollerà. Suo obiettivo è far applicare appieno le raccomandazioni
contenute nella procedura Aia per far coincidere tutela della salute e lavoro. Ma
Clini se la prende anche con la magistratura, che ieri ha arrestato sette dirigenti.
Di qui la decisione dell’azienda di chiudere. Per il ministro, l’obiettivo della procura
di Taranto è bloccare l'attuazione dell'Aia. Intanto, i sindacati continuano lo sciopero.
Giorgio Santini, segretario confederale della Cisl, aspetta un decreto del
governo, giovedì:
“Che dia forza alla autorizzazione integrata ambientale,
che peraltro è stata già approvata da tutti i ministeri e da tutte le istituzioni
competenti, che ovviamente vincoli l’azienda al rispetto di tutte le bonifiche e di
tutti gli interventi contro l’inquinamento e contro la nocività ambientale; e, dall’altra,
dia garanzia alla magistratura che questi interventi si facciano veramente, tenendo
aperti gli impianti: con gli impianti chiusi, purtroppo, non si fa alcuna bonifica,
perché non c’è la possibilità concreta di dare agli investimenti l’operatività e la
effettività”.
Lo stesso governo si è detto pronto a un intervento legislativo
d’urgenza. La Chiesa in questo momento, come in altri, è vicina ai lavoratori. Il
vescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro:
“L’iniziativa dello Stato
sia chiara. In questo momento i tarantini non possono essere lasciati da soli. L’iniziativa
è proprio nelle mani dello Stato, allo Stato fa capo la magistratura, allo Stato fa
capo il governo e allo Stato deve rispondere anche l’impresa”.
Sono a
rischio i posti di almeno 11 mila addetti che lavorano a Taranto e tutta l’industria
siderurgica italiana.